Intervista con l'ucraino che ha lasciato irossoneri quest'anno
Shevchenko: «Milan, addio per sempre»
L'ultima parola di Shevchenko sul tormentone di un possibile ritorno «Presa una strada, non la cambio: resto al Chelsea»
LONDRA — Andriy Shevchenko è sulla porta e fa un cenno di saluto in direzione del taxi che sta accostando. Indossa la tuta del Chelsea, azzurro profondo, cromaticamente così diversa da quella del Milan. La stretta di mano è vigorosa, però gli occhi sono lo specchio del suo stato d'animo: che non è certamente quello degli anni italiani. Sheva sembra addirittura impaurito («No, no... È che voglio vivere tranquillo: sono stanco di tutte le voci, sono stanco di smentite»). Andriy prende la scala mobile e attraversa deciso la hall dell'albergo a quattro stelle che fa parte dell'arredamento di Stamford Bridge, la casa del Chelsea. Clienti, soprattutto business men, lo osservano curiosi. In Italia avrebbero fatto la coda per la foto e per l'autografo. «Vivo qui, a cinque minuti dallo stadio, e mi trovo bene». A dar retta ai lineamenti tirati, non si direbbe. Prima di isolarsi dal resto del mondo (in testa l'Italia) e di cambiare numero di telefono, aveva ricevuto un messaggio da Alberto Zaccheroni, il suo primo allenatore italiano: non mollare. «E io gli ho risposto subito. È stato molto carino con me. Ho un rapporto speciale con Zac, ma sono in affettuosi rapporti con tutti quelli con cui ho lavorato».
Shevchenko in maglia rossonera (Newpress)
Shevchenko in maglia rossonera (Newpress)
Andriy dice di essere un uomo felice ma a noi, che l'abbiamo visto sbarcare a Milano giovinetto, con la faccia smarrita e una improponibile camicetta griffata, ha dato l'impressione di essere un uomo pieno di dubbi. Sfoglia distrattamente i giornali italiani prima di soffermarsi su una grande foto di Crespo. «Come sta andando Hernan?». Benone, tra campionato e Coppe ha già segnato 9 gol... «Sono proprio contento per lui. Ma io, anche se non sembra, con il Chelsea ne ho segnati 6» (come dire: non c'è poi questa grande differenza).Andriy controlla pure la classifica della serie A: «Senza la penalizzazione il Milan adesso sarebbe... uno, due, tre, quattro, cinque... Sarebbe quinto con la Lazio». E se non avesse avuto la penalizzazione e avesse avuto ancora Shevchenko, forse sarebbe addirittura un po' più su. Vero Andriy? «L'ho già detto e lo ripeto, una volta per tutte. Io ho grande rispetto per il Milan e per i suoi tifosi, specialmente quelli della curva. A tutti invio un grande abbraccio e un saluto perché mi sono rimasti nel cuore. Però io ho fatto una scelta e non è giusto che, tre mesi dopo, possa pensare di tornare sui miei passi».
E allora come sono nate tutte le indiscrezioni degli ultimi giorni?
«Non ne ho idea. Io so soltanto che ci sono momenti difficili e momenti facili, ma quando fai una scelta devi andare fino in fondo».
Anche Berlusconi sarebbe stato contento se lei avesse deciso di tornare.
«Ah, il presidente. Per lui nutro un grandissimo affetto. Ha fatto tanto per me».
Vero: le ha permesso di andarsene...
«Non voglio più spiegare certe cose. Basta. In questi mesi ho parlato pochissimo apposta. Una persona deve avere il tempo per ambientarsi. Qui è tutto nuovo: il club, la lingua, il modo di giocare. È tutto diverso».
Dica la verità : davvero non ha mai pensato di tornare a Milano? Neppure per un attimo?
«Uno che fa una scelta precisa e lascia una grande società dove è stato bene per sette anni, per andare in un'altra grande società , mica può mollare subito. Anche se il momento è difficile».
Ha mai sentito Galliani?
«Certo che l'ho sentito. Per salutarlo, per amicizia».
Lei è finito nel mirino della stampa inglese e di quella italiana. Differenze?
«Qui non conosco bene la situazione come in Italia. E poi non leggo i giornali. So che si parla di tante cose. Ho la mia strada e la seguo. I giornali oggi scrivono in un modo, domani scrivono in un altro».
Però gli inglesi si sono permessi di fare il conto di quante bottiglie di vodka avrebbe potuto comperare Abramovich con i 45 milioni di euro spesi per il suo acquisto (ride, è l'unica volta).
«Io porto rispetto per tutti. Possono scrivere quello che vogliono».
Senta, Sheva. Non si sente un po' in colpa per avere lasciato il Milan in queste condizioni?
«Il Milan riemergerà ».
Sì, però intanto sta viaggiando ad un ritmo che porta diritto in serie B.
«Ma la squadra in questo momento sta andando così perché ha tanti giocatori stanchi e tanti infortunati. Quasi tutti i milanisti hanno giocato i Mondiali. Sono sicuro che a gennaio si riprenderanno alla grande».
Complimenti per l'ottimismo.
«Ho fiducia al 100 per cento nei miei ex compagni e nell'allenatore. I tifosi in questi momenti difficili devono sostenere i ragazzi».
A proposito di allenatore, ha più sentito Ancelotti?
«Carlo l'ho sentito un paio di mesi fa per il mio compleanno. Mi ha fatto gli auguri».
Ha idea di come potrebbero accoglierla i tifosi se lei, con il Chelsea, dovesse tornare a San Siro?
«Ora ho talmente tanti pensieri per la testa che non ne voglio aggiungere altri. Comunque vorrei che una cosa del genere non succedesse mai».
Pare che Maldini e Gattuso fossero contrari all'eventualità di un suo ritorno.
«Parlo spesso con tanti giocatori del Milan, ma non ho mai affrontato un argomento del genere. Anche perché non torno».
Però certe cose sono state scritte. Possibile che si tratti sempre di invenzioni?
«Non mi interessa. Conosco bene i miei ex compagni e non credo a quello che è stato scritto».
Come si sente un grande attaccante senza gol? È una situazione frustrante?
«Non è che non faccio più gol. Non ne segno tanti e con la stessa regolarità di prima. La verità è che qualche gol lo faccio ancora. Noi calciatori non siamo macchine. Ci sono periodi in cui la ruota gira in un modo: bisogna crederci».
Differenze tra il gioco del Chelsea e quello del Milan.
«Sono totalmente diversi. Il Milan fa più possesso palla, qui la manovra è molto più veloce».
Qualcuno sostiene che lei abbia sbagliato squadra. Venendo in Inghilterra, avrebbe dovuto scegliere l'Arsenal, più adatto alle sue qualità .
«Ora io sono qui e mi devo adattare a questo tipo di gioco e a tutto quello che chiede questo allenatore».
Mourinho ha detto che lei non è tra gli intoccabili. Commenti?
«Questa cosa non mi dà fastidio per niente. Una grande squadra non può garan tire il posto ad alcuno. Se non sei in grado di dare quello che pretende l'allenatore, allora è giusto che giochi qualcun altro».
Non è che l'amicizia con Abramovich si sia trasformata in un boomerang per lei? «Io sono stato voluto dalla società . Abramovich è il mio presidente e io sono un giocatore del Chelsea. Il nostro rapporto è questo. Il resto sono chiacchiere».
Proprio ieri il Times scriveva che lei sembra il tassello di un puzzle finito nella scatola sbagliata. «Io mi sto impegnando al 100 per cento. Alla fine si vedrà se il posto è quello giusto oppure no».
Cosa le manca dell'Italia? «Mi mancano gli amici e mi manca il cibo. Anche qui a Londra cerco di mangiare all'italiana, ma non è la stessa cosa».
E che cosa invece non le manca? «La pressione. Qui ti lasciano vivere in maniera normale». Stando ad indiscrezioni, a fine carriera lei potrebbe diventare presidente del Chelsea. «In questo momento mi sforzo di vivere il presente. È troppo presto per dire certe cose».
Che cosa le ha dato più fastidio del polverone di questi giorni? «Mi infastidisco quando pubblicano cose che non ho mai detto».
Allude all'Italia o all'Inghilterra? «Dappertutto».
Potendolo, chi si sarebbe portato dal Milan per giocare con lei nel Chelsea? «Per cortesia, non voglio rispondere a queste domande».
Ma è un divertimento. «Questo non è il momento per divertirsi. Qui se una cosa è bianca, è bianca. E se una cosa è nera, è nera».
Sheva, con il senno di poi, rifarebbe la scelta che ha fatto?
«Quando uno prende una strada, la deve seguire fino in fondo. Soltanto alla fine potrà valutare se le cose sono andate bene oppure no».
Alberto Costa
13 dicembre 2006
e cmnq alla fine, bene o male si ritrovera col portafogli pieno di euri...