da Promentory1985 il ven ago 27, 2010 8:16 am
ORA è la volta di un disco. Libri, Nick Hornby, ne ha scritti molti. E alcuni non sono solo da leggere, ma anche, forse, soprattutto da ascoltare. "Alta fedeltá", ad esempio, è un libro dal fascino incomprensibile per chi non ama la musica ed ogni riga del testo "suona". Canzoni, però, Hornby non ne aveva scritte mai. "Non ci avevo mai provato - confessa - prima di incontrare Ben Folds". L'incontro ha dato un risultato: Lonely avenue, ed è composto da undici canzoni che arriveranno nei negozi in vinile e cd il 28 settembre. Un disco da leggere, un libro da ascoltare.
Lui, Folds, è uno dei rari songwriter pop di classe emersi nell'elettrica stagione del grunge negli Stati Uniti, ed ha anche conosciuto un buon successo con il suo trio, i Ben Folds Five e con un disco in particolare, The unauthorized biography of Reinhold Messner, nel 1999. Hornby si è innamorato della sua musica da subito. "È vero, ho iniziato ad ascoltarlo fin dal primo album", ricorda Hornby. "Con alcuni artisti, ascoltando le loro canzoni, mi sembra di avere qualcosa in comune. Ed è quello che mi è accaduto con Ben, anche quando non lo conoscevo". E Folds: "Il bello è che mentre lui ascoltava le mie canzoni io leggevo i suoi libri. Ci conoscevamo senza conoscerci davvero".
Effettivamente nel 2002 Hornby pubblica "31canzoni" e nella selezione dei brani di cui scrive c'è una canzone di Ben Folds, Smoke. "È una delle canzoni più intelligenti e sagge che io conosca sulla fine di una relazione", spiega lo scrittore ammettendo di aver amato particolarmente quel brano, diventato suo malgrado il commento sonoro alla sua crisi matrimoniale. Folds legge il brano che lo riguarda sul libro di Hornby mentre lavora per realizzare un disco assai curioso, Has been, l'album di William Shatner, il capitano Kirk di Star Trek. E pensa di coinvolgere nel progetto lo scrittore inglese. "Ho ricevuto una mail da Ben che mi chiedeva di aiutarlo a scrivere qualche canzone per Shatner, una proposta troppo interessante per dire di no", dice lo scrittore. "Ci ho pensato su, ho provato ad immaginare cosa potesse essere divertente per Shatner, da cantare alla sua maniera, e ho mandato a Ben due testi, uno per il quale avevo impiegato un sacco di tempo e uno scritto in due minuti. Ben ha scelto quello da due minuti ed è finito nel disco. È stato interessante ascoltare le mie parole in una maniera completamente differente. Ben ha poi pensato che il risultato non era male e che avremmo dovuto provare a fare qualcosa di più di una semplice canzone. E così tutto è cominciato".
Il progetto ha preso il via durante una cena tra i due nel 2009, ma poi le occasioni per incontrarsi e lavorare fianco a fianco sono diventate una chimera. "Abbiamo fatto tutto via telefono e e-mail - ha raccontato Folds - non siamo mai riusciti a essere nello stesso posto, a parte la notte in cui abbiamo deciso di farlo, a casa sua per cena, quando abbiamo suonato il piano per un po'. Poi in seguito ho capito che musicare i testi di Hornby voleva dire trovare un modo di lasciare spazio alle sue parole, senza distrarre troppo l'ascoltatore. Perché, davvero, se le leggi sono bellissime. L'ultima cosa che volevo era fare delle canzoni, registrarle e poi rendermi conto che avrei preferito leggerle invece che ascoltarle".
Per non correre il rischio Ben Fold ha fatto le cose al meglio: si è chiuso in uno dei migliori studi di registrazione di Nashville, ha chiamato i suoi più stretti e fidati collaboratori e poi, dulcis in fundo, si è affidato alle cure di un leggendario arrangiatore, Paul Buckmaster, che ha nel suo palmares registrazioni con i Rolling Stones, David Bowie, Elton John e persino sua maestà Miles Davis. E per aggiungere un tocco di singolarità al tutto ha deciso di registrare le canzoni alla vecchia maniera, su nastro analogico masterizzato ad Abbey Road per essere inciso su un disco in vinile. L'album, ovviamente, uscirà anche in cd e in mp3, ma è l'idea che fosse un disco come quelli amati dal protagonista di "Alta fedeltà " era quella che a Folds sembrava più giusta per mettere in musica le parole di Hornby.
Parole che "spaziano, come i temi delle canzoni, tra argomenti diversi, amore innanzitutto, ma anche temi sociali, musica, ironia", come nel caso di "Levi Johnston Blues", un momento di inaspettata tenerezza, in cui Hornby racconta quando il teenager dell'Alaska Levi Johnston scoprì che aveva messo incinta la figlia della neo candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti. "Noi guardando la Convention repubblicana" ricorda Folds, "pensavamo "accidenti, questa donna potrebbe diventare presidente", mentre Nick pensava "accidenti, quel povero ragazzo si deve sposare la figlia"". Dice lo scrittore: "Le uniche discussioni le abbiamo avute sulla sequenza delle canzoni nel disco. Io cominciavo a spiegargli il mio punto di vista e lui quindi mi spiegava con pazienza e anche con una certa dose di humor, perché io avevo torto. Alla fine ha quasi sempre vinto lui".