L'ex dg bianconero ha rilasciato dichiarazioni spontanee al processo sui presunti illeciti della Gea, in cui è imputato. "Ho vinto scudetti e coppe, vendendo Zidane al prezzo più alto della storia e portando dividendi agli azionisti. Quelli che comandavano prima sono rimasti: il calcio non vuole cambiare"
ROMA, 10 novembre 2008 - Luciano Moggi torna a parlare. Lo fa con dichiarazioni spontanee rese al processo sui presunti illeciti attribuiti alla Gea, società che gestiva le procure di numerosi calciatori e in cui è imputato assieme al figlio Alessandro, Franco Zavaglia, Davide Lippi, Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo per associazione per delinquere finalizzata all'illecita concorrenza con violenza e minaccia. Domani la requisitoria del pm Luca Palamara, la sentenza a gennaio.
NESSUN RITORNO - "Il calcio è un mondo che non mi interessa più - attacca Big Luciano -, non voglio tornarci. Lo guarderò dall'esterno come un critico giornalista. Ho vinto scudetti e coppe, sono quello che ha venduto un calciatore al prezzo più alto della storia, Zidane per 150 miliardi (di lire, ndr). Ho portato risultati e dividendi agli azionisti della Juve, e poi sono stato mandato via con Giraudo in modo non proprio bello. Quello che succede oggi è peggio di quello che succedeva prima, ma non si lamenta nessuno. Quelli che comandavano prima sono rimasti tutti. Il calcio non vuole cambiare, come disse il commissario straordinario Rossi quando decise di lasciare l'incarico".
ATTACCO FRONTALE - Il bersaglio numero uno di Moggi è Franco Baldini, ex d.s. della Roma e attualmente nello staff della nazionale inglese con Fabio Capello. "Franco Baldini è quella persona che prima di un Roma-Juventus ha discusso con me dei problemi del calcio e di come potevano essere risolti. Baldini è quella persona che disse a Baiocco di starsene buono per un anno al Perugia per poi passare alla Roma a parametro zero, cosa che non poteva fare visto che Baiocco era in trattative per rinnovare il contratto con il Perugia. È lui la persona che dice che il Messina era una società controllata da me perchè avrei venduto calciatori al Messina a prezzi gonfiati per ottenere altri favori: invece i calciatori della Juve andavano al Messina in prestito gratuito. Baldini ha detto molte cose che non stanno né in cielo né in terra, per esempio la storia della trattativa con il Livorno per Chiellini. Non ci fu nessun complotto della Juventus: la Roma in quel momento non poteva acquistare, ma solo vendere. Noi non volevamo disturbare la Roma, e fu Spinelli a venire a trattare". Ma anche l'attuale dirigenza giallorossa è nel mirino di Moggi: "Ora tutti dicono che accettano gli errori degli arbitri, ma poi la prima a lamentarsi è la vicepresidente della Lega, Rosella Sensi, che il pubblico ministero conosce bene". A questo punto, però, il pm Luca Palamara ha invitato Luigi Fiasconaro, presidente del collegio, a interrompere Moggi.
PADRE E FIGLIO - L'ex d.g. della Juventus ha spostato quindi l'obiettivo su Corrado Grabbi, uno dei testimoni del processo. "Si dovrebbe vergognare di essere venuto qui a testimoniare, visto che in due anni non ne ha azzeccata una", ha detto dell'attaccante che transitò in bianconero all'inizio dell'era Moggi. Big Luciano ha poi parlato del rapporto col figlio Alessandro: " Quando mi disse di prendere Oddo e Liverani risposi che non mi interessavano, ma quando mi disse di prendere Mutu lo presi subito. Questo perchè ogni tanto gli davo ascolto e ogni tanto no. A un certo punto io e mio figlio avevamo paura di telefonarci per le intercettazioni, e questo in un paese democratico non può accadere. Vengo accusato di essere un socio occulto della Gea: il tutto perchè ho comprato delle cravatte da Marinella, ma io lo feci per fare un favore a Zavaglia, perchè conoscevo di persona Maurizio Marinella e per fargli fare un prezzo di favore".
MOGGI JR. - Prima di Luciano a parlare era stato il figlio Alessandro, sempre con la formula delle dichiarazioni spontanee. "Il mio lavoro si basa esclusivamente sui rapporti personali - ha spiegato uno dei soci fondatori della Gea -. Ho cercato di farmi apprezzare e ciò ha determinato, anche attraverso il passa parola, che fossero i calciatori a cercare me. Rifiuto in maniera totale le accuse che mi vengono mosse. All'interno della Gea, nata da un progetto che voleva essere imprenditoriale e commerciale, ognuno aveva le proprie competenze; io mi occupavo di calcio mercato e non ho mai avuto vantaggi di tipo parentale, ho lavorato per scrollarmi di dosso l'etichetta di figlio di Moggi. Ho avuto la sventura di dover lasciare l'attività nel 2006 in un momento particolare, e nonostante ciò l'85-90 percento dei miei assistiti mi hanno rinnovato la fiducia. Uno dei miei principali accusatori, Antonio Caliendo, mi ha corteggiato a lungo perchè diventassi presidente di una sua società ".
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