Il complesso che e` diventato sinonimo di "Brit-pop" e`, nel bene e nel male, quello degli Oasis. Come gran parte del Brit-pop, gli Oasis hanno goduto di un lancio pubblicitario sproporzionato agli effettivi meriti e hanno poi faticato tantissimo a mantenere le attese. I loro album sono tanto geniali quanto lo furono quelli dei Beatles negli anni '60: sono raccolte di melodie non particolarmente originali, e niente piu` che melodie. Senza la pubblicita` che venne loro fatta, varrebbero tanto quanto i dischi di tanti cantanti di musica leggera.
A capitanare gli Oasis erano il cantante Liam Gallagher e il fratello chitarrista Noel (cinque anni piu` anziano, e autore di gran parte delle musiche), cresciuti in un ambiente depresso della periferia industriale di Manchester. Dopo soli tre singoli, Supersonic (Creation, 1994), con un riff-grugnito degno del Clapton di Cocaine, la melensa Shakermaker (copiata da I'd Like To Teach The World To Sing, vecchia canzone dei Seekers divenuta famosa poiche' usata in un commercial della Coca Cola!), e soprattutto Rock'n'Roll Star, forte di un barrage chitarristico e ritmico in stile Rolling Stones, il gruppo venne catapultato sulle prime pagine di tutto il Regno.
Peccato che l'album Definitely Maybe (Sony, 1994) metta a nudo senza pieta` l'inconsistenza del progetto. Accumuli di banalita` Merseybeat, psichedeliche e pop come Up In The Sky o le innumerevoli e smaccate imitazioni dei classici (pedestre quella di Bang A Gong dei T.Rex in Cigarettes & Alcohol, subdola quella dei primi Small Faces in Digsy's Diner, accorta quella di Cortez The Killer di Neil Young in Slide Away), e l'obbligatorio omaggio alle suite psichedeliche di Columbia (quasi peggio dei Beatles di Yellow Submarine) fanno tutt'al piu` stizza. Live Forever ruba il ritornello agli Hollies e l'assolo di chitarra agli Outlaws di Green Grass And High Tides. L'album stabilisce comunque il record di vendite per un debutto.
Morning Glory (Sony, 1995) esce all'apice della "Oasismania". La produzione e` chiassosa, con tutti gli strumenti in primo piano a strillare quanto possono, in una specie di revival del "wall of sound" di Phil Spector. Avendo capito da che parte e` imburrato il loro toast, gli Oasis dedicano mezzo disco ai Beatles, strizzando l'occhio a Lennon in Don't Look Back In Anger (le figure di piano sono rubate a Imagine), a Harrison in Wonderwall (con violoncello alla Yesterday), a McCartney in She's Electric (con piano da musichall). Se il loro e` un fatto soprattutto stilistico, allora dovrebbero essere i costrutti sintattici di Whatever (il singolo del dicembre 1994) e Roll With It (jingle-jangle dei Byrds di Feel A Whole Lot Better, armonie vocali degli Hollies di Bus Stop) a rappresentarli al massimo della forma, naturalmente senza un'ombra di semantica. Il disco si chiude con quello che e` forse il pezzo migliore, Champagne Supernova, una delicata ninnananna psichedelica che s'inalbera in uno struggente inno su un fragoroso jamming chitarristico (nonostante echi di Hey Jude). La chiassosa produzione serve soltanto a mascherare la carenza cronica di idee (e a mettere in luce la pochezza strumentale dei membri).
Nonostante le cifre pubblicizzate dalla casa discografica, gli Oasis attirano poco pubblico. Il tour americano del 1997 dev'essere ridimensionato (dalle arene alle aule di ginnastica).
Seguendo il trend del Brit-pop verso produzioni sempre piu` esasperate (leggi: chiassose, confuse, altisonanti, quasi cacofoniche), che forse confessa la disperazione di non saper piu` cosa fare dopo aver ripetuto fino alla nausea lo stesso ritornello per tanti anni (trenta), gli Oasis sfoderano nel terzo album, Be Here Now (Epic, 1997), una grandeur davvero terrificante. Ogni canzone e` costruita da strati e strati di suoni. Le melodie sono ancor piu` ridicole di quelle dei dischi precedenti, ma scompaiono nella baraonda semiotica degli arrangiamenti. La canzone degli Oasis e` semplicemente un accumulo ordinato di "segni", di archetipi, di convenzioni stilistiche. Per questa ragione, fra l'altro, dura cinque/sei minuti invece dei soliti tre.
E sono indubbiamente grandi stilisti quelli di D'You Know What I Mean (Creation, 1997), quasi otto minuti di rumorini bizzarri, di campionamenti, di "backmasking", di effetti percussivi e di grancasse a passo di marcia (merito anche del produttore Owen Morris). Altri grandi saggi di mimesi della banalita` sono Be Here Now. L'opus magnum di turno e` All Around The World (dieci minuti), altra giostra ipnotica ispirata alla coda di Hey Jude. Il marchio di fabbrica del disco e` comunque la produzione assordante, e in tal senso My Big Mouth e` il pezzo piu` emblematico. I critici britannici sono troppo occupati a confrontarli con i Beatles e non si accorgono che Magic Pie e` una ballata tragica e marziale nel tipico stile di Neil Young, che la melodia leziosa di Stand By Me si ispira a quelle degli Smashing Pumpkins, che l'epos infantile di Fade In Fade Out usa il blues-rock dei Black Crowes.
I paragoni con i Beatles non reggono: i Beatles scrivevano melodie (molto elementari, ma carine), e George Martin suggeriva gli arrangiamenti. Gli Oasis "scrivono" arrangiamenti, e poi li rivestono di una melodia (generalmente insipida). Come arrangiatori e compositori in senso lato valgono ovviamente molto piu` degli ingenui Lennon e McCartney. Come melodisti valgono persino meno di McCartney.
Nel 1999 il chitarrist Paul "Bonehead" Arthurs e il bassista Paul McGuigan sono stati sostituiti dalla chitarra ritmica di Gem Archer (ex-Heavy Stereo) e dal basso di Andy Bell (ex-Ride).
Epigonici fino alla nausea (sono stati denunciati perlomeno da Stevie Wonder e Gary Glitter, e in entrambi i casi sono stati obbligati ad aggiungerli fra gli autori dei rispettivi plagi), gli Oasis sono soltanto il centesimo anello di una lunga catena di effimeri fenomeni da classifica fabbricati a tavolino dall'industria britannica. Gallagher e` semplicemente una pin-up al maschile sulla falsariga di Brett Anderson dei Suede, Richard Ashcroft dei Verve, Mark Gardener dei Ride, e del capostipite di tutti loro, Ian Brown degli Stone Roses. Come compositore, suo fratello non ha piu` talento di tanti altri autori del pop. Il resto del complesso potrebbe essere sostituito a caso.
Masterplan (Epic, 1998) e` una raccolta di B-sides. Sorprendentemente, e` anche un album che potrebbe competere con i loro primi lavori. Acquiesce e Going Nowhere sono canzoni di prima classe, tanto da rendere ridicoli i due album precedenti. Peccato che la meta` delle canzoni sono semplicemente dei tappabuchi.
Masterplan (Epic, 1998) is a compilation of B-sides. Surprisingly, it is also the album that could compete with their first. Acquiesce and Going Nowhere are first-rate songs that make the previous two albums look silly. Too bad half of the songs are mere filler.
Sul soporifero Standing On The Shoulder Of Giants (Epic, 2000) le uniche canzoni che evitano la solita monotonia degli Oasis sono le rockeggianti Put Yer Money Where Yer Mouth Is e I Can See A Liar. Uno strumentale alla Led Zeppelin, Fucking In The Bushes, promette bene, e la sua energia e fantasia si travasano quasi in Where Did It All Go Wrong. Ma Who Feels Love e` una copia di Leaving On A Jet Plane (di John Denver), Little James (di Liam) assomiglia a Hey Jude e Go Let It Out (il primo singolo) e` la tipica routine di Brit-pop. Se non altro, l'influenza dei Beatles sta diminuendo e il gruppo e` meno ossessionato con i ritornelli orecchiabili