da Starframe il dom nov 05, 2006 7:01 pm
Non è possibile che in un forum degli Oasis, si parli più della Hunziker (o come diavolo si scrive) che degli Who.
A distanza di una decina di giorni dal primo ascolto volevo esprimere tutta la mia ammirazione per Pete Townshend, che, ultrasessantenne, ha trascinato Roger in questa avventura che è tutto, fuorchè deludente.
"Endless Wire" è un disco bello, onesto, dal sapore antico, ma anche con sprazzi di sperimentazione.
E' il caso di "Fragments", che richiama la mitica Baba 'O Riley e poi si presenta in maniera del tutto diversa. Non è di certo all'altezza della canzone-padre, ma è affascinante, soprattutto quando si sentono quei cori epici più alla Queen che alla Who.
"A man in a purple dress" è una bella ballata alla Dylan e si ispira alle vicende giudiziarie di Pete.
"Mark Post Theme" è un pezzo che mi ha sconvolto. Non me lo sarei potuto immaginare migliore di come è. Epico e trascinante...sembra essere datato '76 o giù di lì.
Il momento di più difficile ascolto è quello che passa per "In the Ether"(molto teatrale) e "Black Windows Eyes" (agrodolce). Sono due pezzi ispirati alla produzione meno nota della band inglese.
Poi arriva "2000 years", che è una bella canzone ritmata, con tanto di banjo e chitarre acustiche incalzanti.
"God speaks of Marty Robbins" è intima, sembra di essere a casa di Pete e ascoltarlo suonare...quasi improvvisare, ma ovviamente con classe.
"It's not enough" riporta molto agli 80s, quindi all'album It's hard, ma anche alle produzioni soliste dei membri del gruppo. E' un pezzo molto orecchiabile e semplice anche nel testo.
La prima parte del disco si chiude con "You stand by me", che è sulla falsariga tracciata 2 pezzi prima.
Poi parte la mini-opera, incentrata su 3 ragazzi che vogliono far musica
e trovano in Internet un forte mezzo per la comunicazione.
Oltre ai pezzi del singolo, ve ne sono altri 5, che arricchiscono la storia.
Tra quelli vecchi è difficile menzionarne qualcuno, data la loro bellezza e la loro capacità riassuntiva degli Who della seconda metà dei 70s.
La title-track merita comunque un plauso particolare, soprattutto nella extended version...veramente da brividi.
Tra le nuove componenti della mini-opera, invece, spiccano "Unholy Trinity" (dal ritmo quasi celtico, che è una sorta di manifesto della band protagonista del racconto) e "Tea and theatre", degna conclusione di un disco che non sarà storico, non sarà spettacolare, ma è buono.
Secondo il mio parere sarebbe stato il naturale successore di "Who are you". Lo consiglio comunque solo a chi è già a buon punto nella ricerca e nella comprensione su questa mitica band.
You can fuck off as far as I'm concerned