TRADIZIONI

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TRADIZIONI

Messaggioda BornOnDifferentCloud il gio nov 02, 2006 9:54 am

Quali sono le tradizioni delle vostre città dove siete nati o dove vivete? io ne ho una che riguarda la mia città, Roma:

I Quaresimali

Durante la Quaresima a Roma si mangiavano i "Quaresimali" che anche oggi, quando si trovano, sono buonissimi. Tipico dolce romano costituito di pasta lievita condita con zucchero, uvetta e pinoli, ben cotta al forno. Il maritozzo, nella tradizione, era molto più grande di quello che si mangia adesso, una specie di torta delle dimensioni di una pagnotta, spesso guarnita di ricami di zucchero raffiguranti cuori trafitti da una freccia, che il primo venerdì di marzo veniva donata alle fidanzate, talvolta contenente all'interno un piccolo oggettino d'oro o persino un anello.
Durante la Quaresima, per alleviare le sofferenze del digiuno (che era rigorosissimo), fu consentito il consumo dei maritozzi "Quaresimali", quasi per compensare l'astinenza penitenziale dalle delizie alimentari. I "Quaresimali" erano più ricchi dei maritozzi normali perché completati da canditi, ed erano lievemente più piccoli e più cotti cioè più scuri in superficie.
Scrive Giggi Zanazzo, lo studioso di tradizioni romane: "In Quaresima, per devozione, si mangiano i maritozzi; anzi c'è qualcuno che è così devoto da mangiarsene chissà quanti al giorno. Meno male che lo fa per devozione!".
Su questa ghiotta interruzione del digiuno quaresimale, sulla bontà e sul consumo dei "Quaresimali" circolava la seguente innocente strofetta:

Er primo è pe' li presciolosi;

Er siconno pe' li sposi;

Er terzo pe' I'innammorati;

Er quarto pe' li disperati.




traduzione* i presciolosi so quelli che vanno di fretta, che so sempre con qualcosa da fare in modo frenetico ;) :lol:
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Messaggioda Liam e Noel il gio nov 02, 2006 4:00 pm

e che palle.. :lol:
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Messaggioda BornOnDifferentCloud il gio nov 02, 2006 6:02 pm

Liam e Noel ha scritto:e che palle.. :lol:



vabbè ammazza ao :lol: :lol: :lol:
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Messaggioda porzel il gio nov 02, 2006 6:50 pm

dalle mie parti c'è il "Panevin"
ossia il 5 gennaio ci si trova sui campi, di sera, davanti ad un gran falò dove si brucia la "vecia" (la befana), e si cantano canzoni popolari.

ovviamente non mancano vin brulè e pinza :D
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Messaggioda BornOnDifferentCloud il gio nov 02, 2006 6:58 pm

Luglio - La festa de noantri

La Madonna del Carmelo, a Roma, ha assunto nel tempo delle connotazioni particolari e peculiari, divenendo intorno agli anni Venti, anche "la festa de noantri" (noi altri).
Una leggenda narra che alcuni portuali, pescando sulle rive del Tevere, verso la metà di luglio di un anno imprecisato, raccolsero dal fiume una cassa al cui interno giaceva una preziosa statua della Madonna. I pescatori, estasiati dalla bellezza della Vergine, si affrettarono a trasferirla nella chiesa di sant'Agata, dove ancora oggi risiede. Da quel giorno, il sabato successivo alla festa del Carmelo, a Roma la Madonna venuta dal Tevere viene portata in processione, dalla chiesa in cui risiede attraverso tutte le vie del rione Trastevere, per giungere a San Crisogno, dove riposa per otto giorni, prima di riprendere il suo posto a sant'Agata.
La processione, che anticamente era organizzata dalla compagnia dei vascelari, i vasai, che plasmavano i boccali di coccio e le brocche per servire il vino nelle osterie, è oggi appannaggio dei trenta confratelli dell'arciconfraternita del Ss. Sacramento e di Santa Maria del Carmine, i quali con il tradizionale saio bianco, oggi però privo di scapolare, portano la statua attraverso il quartiere popolare romano.
L'impronta festaiola della celebrazione, un tempo caratterizzata dalla presenza dei vascelari e dei loro boccali colmi di vino, non è però andata smarrita. La festa della Vergine è infatti affiancata dalla festa pagana di "noantri", a cui partecipa tutto il quartiere con bancarelle, mercatini, osterie aperte a tutti i passanti, manifestazioni e teatri ambulanti, che attirano l'attenzione di curiosi e turisti, spesso ignari della ricorrenza cristiana.
Ultima modifica di BornOnDifferentCloud il sab nov 04, 2006 5:36 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Zack il gio nov 02, 2006 7:06 pm

porzel ha scritto:dalle mie parti c'è il "Panevin"
ossia il 5 gennaio ci si trova sui campi, di sera, davanti ad un gran falò dove si brucia la "vecia" (la befana), e si cantano canzoni popolari.

ovviamente non mancano vin brulè e pinza :D

sono stato a taglio di po' vicino rovigo ad assistere a quella tradizione di bruciare la vecia...che bello
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Messaggioda BornOnDifferentCloud il ven nov 03, 2006 12:27 pm

Santa Francesca Romana.

La benedizione delle automobili


Una tradizione che risale appena agli anni Trenta del secolo passato, ma il cui interesse dovrebbe accrescersi col tempo, coinvolgendo molto i nostri nipoti, destinati a diventare ancor più di noi dipendenti dalle automobili e dai veicoli a motore, in un frenetico spasimo di rapidità degli spostamenti.
Si sa che "Ceccolella" Bussi de' Leoni, sposa e poi vedova di un Ponzani - una delle grandi famiglie baronali del Quattrocento, maggiorente di Trastevere -, godette del dono della dislocazione, la facoltà cioè di trovarsi in più luoghi contemporaneamente. Quando, a somiglianza della benedizione impartita tradizionalmente agli animali per Sant'Antonio Abate, il 17 gennaio, che coinvolgeva, un tempo, anche le carrozze padronali, si pensò di dedicare una speciale benedizione ai veicoli a motore, mania e orgoglio del secolo, ma anche occasione di no pochi rischi, si scelse come santa propiziatrice degli strumenti del rapido spostamento proprio santa Francesca Romana.
Così, presso la sua chiesa dove riposa la salma di lei, ai limiti del Foro Romano, cominciarono a effettuarsi raduni di automobili. Oggi la benedizione potrebbe essere estesa alle due ruote motorizzate, mentre opportune discipline dovrebbero intervenire a stabilire i criteri di ammissione alla cerimonia di rappresentanza dell'intero parco macchine della città.
Da parte sua, l'amministrazione comunale partecipa alla cerimonia offrendo per il culto della santa concittadina grandi mazzi di fiori dei vivai comunali.
Nella stessa giornata le monache oblate, fondate dalla nobile dama e che conservano il loro quattrocentesco e cupo monastero, detto di Tor de' Specchi, sulla via del Mare, aprono le porte alla libera visita dei cittadini. Nella atmosfera rarefatta del convento si scoprono oratori, chiostri e saloni con una decorazione di pittura romana del xv secolo; qualcosa da non perdere.
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Messaggioda Promentory1985 il sab nov 04, 2006 8:17 am

bellissimo topic, complimenti!

da noi ci sono molte tradizioni, ad esempio "Li Fauni" (versione italianizzata: i faoni), per la festa della Madonna del 9 dicembre. in questa manifestazione c'è una caompetitività impressionante fra i 7 rioni della città.

I faoni, o per meglio dire 'Li Fauni', rappresentano una delle manifestazione sicuramente più caratteristiche di Norcia. E' difficile spiegare un evento tanto mistico. Nel borgo nursino, nonostante il trascorrere degli anni, il senso della tradizione è ancora forte e lo si percepisce nelle strade e nelle genti già da molti giorni prima. Ognuno dei sette rioni, uno per ogni porta muraria, si dà dei rappresentanti che possano, per entusiasmo e capacità, dar vita ai faoni. I preparativi fervono. Gli uomini partono per le macchie circostanti; da sempre è la ginestra la preda più ambita per questi cacciatori di leggende. Ci vogliono diverse uscite e tanta volontà per trovare tutta la ginestra necessaria. E' curioso come la competitività di ogni singolo rione si affacci prepotentemente già dai primi preparativi. La gara è tra chi carica di più il camion, tra chi fa il Faone più grande, tra chi riesce a creare il fuoco più bello o il banchetto più ricco. Nelle piazze tipiche del centro storico di Norcia, gruppi di appassionati si riuniscono, poi, per ammucchiare tutta la ginestra intorno ad un altissimo palo di legno che sosterrà il faone durante il suo bruciare. L'entusiasmo, il gioco e l'allegria generale sono i punti fondamentali di un'atmosfera sicuramente collaborativa. Intanto, le donne a casa si organizzano intorno a liste della spesa e fornelli per deliziare i visitatori durante il mistico falò. La sera del 9 dicembre arriva prestissimo, ma mai mi è riuscito di vedere un faone non pronto, un rinfresco non curato. Il programma si imposta in modo tale da permettere, a tutti gli interessati, di non perdere neanche un faone, se lo desiderano. Diventa una bellissima maratona senza vincitori quella che si gareggia tra i vicoli di Norcia alla rincorsa del prossimo fuoco che verrà acceso, sperando di arrivare in tempo, di non perdere il bellissimo momento in cui la prima fiamma divampa. C'è una cosa che caratterizza la sera dei faoni: i 'botti' dei ragazzi, i raudi che, in un incessante scoppiare, fanno da colonna sonora all'evento, suscitando la paura di molti, l'ammirazione di altri; i raudi fanno parte della cultura della serata, è una manifestazione di eccezionale allegria, frenesia. E', poi, alla mezzanotte che la festa si anima del suono festivo delle campane di tutte le chiese.
In ogni tradizione che si rispetti, soprattutto per quei piccoli borghi medievali che vivono di memorie passate e di consuetudini consolidate, il ricordo si è tramandato verbalmente, in quel gioco così semplice di storie passate di padre in figlio ed arrivate fino a noi. Della festa dei faoni ce ne è arrivata testimonianza anche attraverso filastrocche popolari, come questa:

RI FAUNI
Su venate m'prucissione
A gustavve RU FAONE
A scallavve tutti quanti
Sia dereto che davanti
E può quanno scite cotti
Ve sciurnimo co ri buotti
E se la serata è bella
Co lo imi e la ciammella
Sia a ru bieju che a ru brutto
J'atturimo ru cunnuttu.

Il faone è una tradizione che rivive ogni anno ed ha origini e natura antichissime. Se ci si ferma un istante di fronte a questo fuoco grandioso, se si ascolta il suo scoppiettio rassicurante, se ci si riscalda intorno al suo rosso illuminante, non si può far a meno di sentirsi catapultati in un vortice che sembra far rinascere dalle radici più profonde un passato remotissimo ed incantevole. Magia, pura magia che risorge da una coscienza sopita. La domanda che, più spesso, mi è capitato di sentire muovendomi tra le fila degli spettatori è: 'che senso ha?'. Ora, è sempre difficile trovare una fonte dalla quale possano, plausimibilmente, derivare le tradizioni che, da sempre, fanno parte della cultura di ogni posto, in particolar modo di piccoli borghi medievali come Norcia. Molte delle ricerche effettuate in questo contesto hanno portato ad una identificazione delle origini dei faoni piuttosto certa: il termine stesso con il quale vengono chiamati ha un duplice significato. I Fauni erano, secondo la mitologia romana, divinità minori molto simili ai Pani e ai Satiri, più comunemente ricordati come compagni delle Fate. I Fauni erano divinità campestri, mortali ma dell'esistenza lunghissima, con un corpo umano e zampe di capra, dall'espressione corrugata e la parvenza forte e gentile. Spesso, nelle rappresentazioni a loro dedicate, vengono riprodotti nell'atto di suonare due flauti. Secondo Ovidio, Fauno, fondatore primario della specie dei Fauni, era figlio di Marte; diversa è la concezione degli Stoici, il quale lo considerava figlio del profeta Pico, nipote di Saturno e padre di Latino. I Fauni erano divinità veneratissime tra i pastori dell'antichità, in quanto protettori dei campi e delle greggi: difendevano i raccolti dalle intemperie e gli animali dai lupi. La manifestazione che ogni anno scalda le vie nursine è il modo che ci arriva direttamente dal passato per esorcizzare l'arrivo dell'inverno, per chiedere protezione alle divinità in vista dei primi freddi. Con l'arrivo del cristianesimo le feste pagane cominciarono una ad una ad assumere i connotati di feste religiose, trasformando le condannate eresie in fatti cristiani degni di memoria. Così, la consacrazione agli dei campestri, divenne la ricorrenza della Madonna. Le origini dei Fauni ci provengono, ora, dal 1291, quando Nazareth, invasa dagli ottomani infedeli, rischiava di essere distrutta. Una schiera di angeli, allora, portò in volo la casa della Madonna da qui fino alla costa adriatica, a Loreto. Secondo la legenda, il cammino passò sopra il cielo di Norcia. E' per questo motivo che ogni 9 dicembre da quella data gli abitanti di Norcia accendono grandi fuochi: per mantenere viva la memoria del passaggio e per illuminare il viaggio ai corrieri divini.
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Messaggioda BornOnDifferentCloud il lun nov 06, 2006 9:24 pm

Il Carnevale romano

Il Carnevale romano nel Sette-Ottocento era un avvenimento europeo di grande richiamo. Lo testimonia la produzione strabocchevole delle testimonianze di pittori e scrittori che lo hanno reso eterno nei musei e nelle letterature di tutto il mondo.
Nacque alla fine del Quattrocento, inventato, per l'innato gusto alla festa in maschera, proprio da un veneziano, il gaudente e magnifico papa Paolo II Barbo, che da Palazzo Venezia diede il via legale allo spettacolo. Cosi racconta il Platina: "Correvano i vecchi, correvano i giovani, correvano i Giudei [...] Correvano i cavalli, le cavalle, gli asini e i bufali con tanto piacere di tutti per le risa grandi [...] Affacciato alla finestra stava il Papa che supremo gusto e piacere di queste feste prendeva". Poi dice che il papa gettava a tutti un carlino. Il popolo era il regista dello spettacolo. C'era la corsa dei cavalli "barberi" da piazza del Popolo a piazza Venezia, c'era la "mossa" per sgombrare la strada, i "mazzettacci" di fiori buttati a bruciapelo sulla faccia. Chiudevano, il martedi grasso, i "moccoletti", e il "mor'ammazzata" sputato in faccia a chi teneva la candela accesa. Spegnerla significava prolungare la festa. "Il corso era un fiume di fuoco"; nelle Lettres a M.me Langlès lo scriveva il De Millin. Gogol, Goethe, e il Grand Tour del Sette-Ottocento sono gli osservatori-narratori dello spettacolo. Le stampe del Thomas, del Pinelli e del Morner sono dei documentari.
Ci fu un tentativo "umbertino" dopo il '70, anche sotto la spinta sottile della regina Margherita, gran festaiola; ci furono le sfilate sfrontate ed esilaranti del Generale Mannaggia La Rocca inseguito dalla ragazzaglia scatenata, ma il declino era stato sentenziato dal "no", della Giunta Venturi nel 1876. La "Società Pasquino" lo aveva riproposto, ma il secco diniego capitolino fu motivato dal fatto che quella corsa selvaggia aveva fatto un morto, un soldato del 58° fanteria, un tale Bottino.



doveva essere una cosa veramente stupenda!! Ce sta pure una descrizione bellissima nel "Conte di Montecristo" di Dumas, che racconta appunto Roma nel periodo di carnevale!
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Messaggioda STEKKIA il mar nov 07, 2006 9:52 am

Santa Caterina. L'arrivo dei "pifferari"

Una delle presenze che più immediatamente riportano alle particolari atmosfere delle feste natalizie è quella dei "pifferari". Si tratta, come scrive Belli, di "abruzzesi suonatori di pive e cornamuse o cennamelle che il popolo chiama ciaramelle", vestiti di "mantelletti rattoppati che raramente giungono loro al ginocchio", e che agivano in tre: un piffero, una zampogna, e una voce. William Gillespie, un turista americano in visita a Roma nel dicembre 1843, scriveva che "già un mese prima di Natale le strade sono percorse da suonatori ambulanti di zampogne che sono detti Pifferai. Sono personaggi molto pittoreschi, dall'aspetto di banditi, con alti cappelli a pan di zucchero, decorati con piume e nastri svolazzanti, con mantelli di pelle di pecora, le gambe avvolte da strisce di panno a vivaci colori, i capelli lunghi e le barbe cespugliose. A Broadway farebbero un effetto sensazionale".
Il giorno in cui i pifferari cominciano a girare per le vie di Roma è dunque il 25 novembre, Santa Caterina, quando la tradizione vuole che cominci l'inverno: oggi si effettua il cambio delle coperte al letto si accendono i bracieri per il riscaldamento, "alle porte d'ingresso delle case di persone nobili o agiate si pone una stuoia", e proprio grazie all'arrivo dei "pifferari" si comincia a pensare a Natale, in una atmosfera in cui si uniscono la malinconia dei ricordi dell'infanzia e il bisogno di un momento di intimità familiare. Cosi scrive Belli in un sonetto datato 18 novembre 1831:

Li ventiscinque novemmre

Oggiaotto ch'è Ssanta Catarina
se cacceno le store pe le scale,
se leva ar letto la cuperta fina
e ss'accenne er focone in ne le sale.

Er tempo che ffarà cquela matina
pe Nnatale ha da fallo tal`e cquale.
Er busciardello cosa mette ? bbrina ?
La bbrina vederai puro a Nnatale.

E ccominceno ggià li piferari
a ccalà da montagna a le maremme
co cquelli farajòli tanto cari.

Che bbelle canzoncin Oggni pastore
le cantò spiccicate a Bbetlalemme
ner giorno der presepio der Zignore.
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Film: tanti pure quelli...

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