CALCIO, DI CANIO RICORRE CONTRO STOP: FASCISTA NON RAZZISTA
"Sono un fascista, non un razzista. Il saluto romano lo faccio perché è un saluto da camerata a camerati, è rivolto alla mia gente. Con quel braccio teso non voglio incitare alla violenza, né tantomeno all'odio razziale".
E', in sintesi, il motivo per il quale Paolo Di Canio ha deciso di ricorrere contro la decisione del giudice sportivo che per quel saluto fascista durante Lazio-Juventus lo ha squalificato per una giornata e condannato a una multa di 10.000 euro. La bandiera della Lazio ha scelto per essere difeso un legale bolognese figlio di un noto penalista nostalgico della romanità fascista e a sua volta esponente della destra radicale e sfegatato tifoso biancazzurro, l'avv.Gabriele Bordoni.
In un dotto e lungo ricorso d'urgenza secondo l'art.32 del Codice sportivo, proposto alla Commissione disciplinare presso la Lega nazionale professionisti gioco calcio, Bordoni non vuole solo ottenere l'annullamento della squalifica: vuol fare ovviamente riconoscere la legittimità e l'assoluta assenza di illeciti nel saluto romano, ma vuole soprattutto fare giurisprudenza, perché se qualcosa di illecito c'é, sostiene l'avvocato, è la vigente normativa in tema di sanzioni sportive. Sarebbe in sostanza violato l'art.111 della Costituzione, quello che prevede il contraddittorio, dai principi che regolano il processo sportivo.
In particolare dall'art.24, che limita il diritto alla difesa per il fatto che il giudice sportivo decide "inaudita altera parte", senza cioé che "l'imputato" venga sentito e possa spiegare la sua condotta ed eventualmente interloquire, e dall'art.32, perché la limitazione del diritto di impugnazione contraddice il principio del giusto processo, introdotto di recente nell'ordinamento. Un ricorso che, se accolto (la questione sarà posta alla corte federale) insomma modificherebbe il processo sportivo, dando addio decenni di prassi consolidata.
Nel merito dell'accusa, Bordoni esclude che il saluto romano costituisca di per sé un reato. L'avvocato ricorda infatti come la Costituzione Repubblicana proibisca esplicitamente la ricostituzione del disciolto Partito Fascista, ma al contrario garantisca con estrema chiarezza la libertà di manifestare pubblicamente il proprio pensiero. In pratica, secondo il ricorso, c'é reato di apologia di fascismo quando negli atti ci sia il fine di ricostituire il Pnf.
Non c'é reato in un semplice saluto romano: che secondo Di Canio e il suo difensore è gesto di appartenenza, insomma, non di esclusione di altri. Come altri gesti, come i pugni chiusi, sostiene il "laziale di Bologna", ricordando anche come Di Canio abbia giocato in squadre dove molti colleghi erano di colore. Per questo Bordoni chiede l'annullamento della squalifica e della multa e di portare la questione alla Corte Federale perché il giusto processo sia introdotto anche nella giustizia sportiva. Per paradosso, un atto di democrazia avverrebbe attraverso un saluto romano