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Quando il rock era psichedelico
di GIUSEPPE VIDETTI
SUL PALCOSCENICO di Live 8 hanno dimenticato di sottolineare che colui che gli ha dato un nome è l'unico che non ha mai raccolto gli onori. Lo hanno fatto con la musica, dedicandogli la canzone di Wish you were here (Vorremmo che fossi qui) che è diventata un classico, come Shine on you crazy diamond, "risplendi, diamante pazzo", sempre scritta per lui. Pazzo, Syd Barrett lo diventò sul serio, sparì dalla circolazione nei primi anni Settanta e di lui è rimasta solo la leggenda.
Ultimo avvistamento: alla fine degli anni 90, grassoccio, e calvo, sulla strada di casa con la busta della spesa. Barrett era il più giovane dei primi Pink Floyd, classe 1946. Gli altri, Roger Waters, Rick Wright e Nick Mason, sono tutti nati tra il '44 e '45. La mascotte sarebbe poi diventata David Gilmour ('47), che Waters chiamò nel 1968 per "affiancare" il diamante pazzo (in pochi mesi ne avrebbe assunto definitivamente il ruolo): geniale, ma stordito dagli esperimenti lisergici, Syd era ormai considerato inaffidabile per una band di successo.
Ma fu Barrett che nell'estate del 1965 organizzò il primo concerto al Countdown di Londra e chiamò la band con quello slogan psichedelico che aveva creato combinando i nomi di due bluesmen della Georgia che adorava, Pink Anderson e Floyd Council. Partendo da quelle radici, i Pink Floyd decisero di sperimentare i suoni in maniera più ardita, facendo tesoro più dell'esperienza psichedelica e delle nuove tecnologie che di quel pop-rock di cui il Regno Unito in quegli anni vantava il primato.
L'ascolto delle Mothers of Invention di Frank Zappa, le letture di Allen Ginsberg, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso, insieme alle buone vibrazioni lasciate in eredità dai figli dei fiori, guidarono quelle menti spalancate dall'Lsd dentro nuovi territori musicali. Forse Waters avrebbe fatto bene ad accettare le intemperanze di Barrett, perché chiamando Gilmour a far parte dei Pink Floyd allevò la classica serpe in seno. Furono i dissidi tra i due a minare irrimediabilmente l'equilibrio del gruppo già a partire dalla fine degli anni Settanta (The wall fu concepito da Waters quasi in solitudine).
Ma forse senza Gilmour i Pink Floyd non avrebbero inciso il loro capolavoro, Dark side of the Moon, 40 milioni di copie vendute e un milione in più ogni anno che passa, perché è ancora il disco più gettonato di tutto il catalogo rock.
Vent'anni dopo la separazione, i Pink Floyd si sono riuniti una tantum per il Live 8, e hanno suonato bene come allora. L'età non è un handicap, perché non sono mai stati un gruppo legato all'immagine degli artisti. Le geniali copertine, i light show e le mille invenzioni con cui hanno condito gli spettacoli dal vivo (memorabili quelli di Animals, The wall e lo storico concerto del 22 luglio 1989 a Venezia, senza Waters) sono diventati per i fan simboli chiave.
Nonostante qualche vago segno di distensione dopo la sentenza del 1985 (il giudice concesse a Gilmour, Mason e Wright l'utilizzo del nome e a Waters i diritti di The wall), una riunione della band continua a essere improbabile. Waters, il più ostile all'eventualità , vive negli Usa e ha in piedi una miriade di progetti che non gli consentirebbe d'impegnarsi di nuovo con la band. La sua creatura preferita continua a garantirgli congrui assegni: il prossimo allestimento di The wall sarà curato dal Cirque du Soleil.
Waters smitizza: "Perché eravamo così innovativi? Perché per compensare l'inesperienza scatenavamo l'immaginazione. Non sapevamo suonare. Tutti, tranne uno...". Intende Syd Barrett.
(30 luglio 2005)