da Betaray il mar mar 01, 2005 8:23 pm
Oasis "Standing on the shoulder of giants" (Sony)
E RIECCOLI QUINDI, UN RITORNO QUASI IN SORDINA RICORDANDO LA POMPA MAGNA CON CUI SI ANNUNCIAVA L'ALBUM precedente annebbiato da champagne e cocaina. Con una formazione rinnovata per due quinti grazie agli innesti dell'ex-Ride Andy Bell e dell'ex-Heavy Stereo Gem Archer (comunque arrivati a registrazione ultimata), quella che ci troviamo di fronte, almeno nelle prime foto, ci dà più l'impressione di essere una vera band, senza elementi capitati lì per caso.
Il primo impatto é con "Fuckin' in the bushes", uno strumentale che ha tutto il sapore di una chiamata alle armi con la batteria loopata e chitarre e organo che si intrecciano nel trasmettere quell'energia che in molti vedevano già persa. "Go let it out" é un buon singolo che cresce ad ogni ascolto, e le sue reminiscenze beatlesiane non possono né devono stupirci (tanti di coloro che oggi li criticano per questo erano in prima fila ad applaudirli per i primi due dischi...).
Non possono ovviamente mancare episodi con Noel alla voce, in questo caso rappresentati dalla debole "Where did it all go wrong?" e dall'eccellente "Sunday morning call", una di quelle ballads senza tempo che la musa ispiratrice sembra non far mai mancare al fratello maggiore. In un momento di amore fraterno poi Noel concede a Liam la composizione di un pezzo, nello specifico la superLennoniana "Little James", cantata come tutto il disco con una voce più roca e matura rispetto al passato senza comunque perdere un briciolo di carisma.
Nel complesso il disco é in alcuni momenti molto simile all'esordio di "Definitely maybe" confermando che gli Oasis, se giudicati sgombri da pregiudizi, rimangono un gruppo ben al di sopra della media.
Voto: 7
Massimiliano Bonini
09 marzo 2000