da silvietta il gio ott 01, 2009 5:02 pm
da repubblica
I testi ricordano i canti per Stalin, i cori nazisti e quelli cantati dalle guardie rosse
L'obiettivo, svelato, è la sacralizzazione del leader attraverso i moduli della pubblicitÃ
"Silvio forever sarà , Silvio è genialità "
il culto della personalità diventa canzone
di FILIPPO CECCARELLI
Multimedia
LE CANZONI
"C'è un presidente/ sempre presente,/ che ci accompagnerà !". Il coro del magnificat berlusconiano si leva solenne e ispirato mentre sullo schermo compare Lui fra le rovine d'Abruzzo, lui che dà ordini ai pompieri, lui con Obama, lui che saluta la folla, lui che dà le case ai terremotati, in un tripudio di bandiere del Pdl: "Siamo qui per te,/ cuore e anima,/ un'unica voce:/ Silvio grande grande è!".
Musica del maestro Pino di Pietro, testo di Loriana Lana, paroliera preferita di Silvio. Il quale Silvio, oltre a essere "grande grande", come garantisce l'inno che fa da colonna sonora alla campagna (riequilibratrice) per il Nobel della pace a Berlusconi, risulta pure destinato in un altro canto a durare per sempre, anzi "forever".
E quindi ecco che parte una specie di litania del santissimo nome, ma in forma di marcetta: "Silvio forever sarà ,/ Silvio realtà ,/ Silvio per sempre!/ Silvio fiducia ci dà ,/ Silvio per noi/ passato e presente!". Qui in effetti la canzone, come del resto il videoclip che lo accompagna in prolungata festa di bimbi, scolaresche e nonnetti felici di stare con il premier, ha mutato target e fa chiaramente il verso a Cristina D'Avena. Ma il testo continua in modo piuttosto impegnativo: "Nobile e giusto,/ Tu ci piaci per questo,/ Sei il pensiero che ci guiderà !/ Il sogno riparte da qua,/ diventa realtà ,/ perché Silvio.../ Silvio forever sarà !".
Vero è che Napoleone ebbe dedicata la sinfonia Nr 3, Opus 55, detta l'Eroica, da Ludwig Van Beethoven. Però nel suo piccolo Loriana Lana, già coautrice di "A tempo di rumba" con il Cavaliere e Apicella, segnala pur sempre una svolta nelle modalità espressive del potere e dei suoi orizzonti: "Un popolo di libertà / la musica va,/ un unico canto:/ il mare attraverserà ,/ ovunque sarà / portato dal vento:/ Silvio è il carìsma che ha,/ il leader che sa,/ la genialità ...".
Ecco, il prodotto è quello che è e se ne può anche ridere, vedi le diverse parodie che circolano sulla rete. Così come è obiettivamente buffo che persino nelle festicciole a Palazzo Grazioli le gentili e graziose ospiti salutassero i video sui trionfi berlusconiani o sulle meraviglie di Villa La Certosa facendo la ola al canto di "Meno male che Silvio c'è".
Tale composizione, vero inno ufficioso risuonato in forma di jingle al congresso fondativo del Pdl ogni volta che entrava in sala il Cavaliere, precede in realtà di diversi anni la produzione celebrativa di Loriana Lana e si deve al cantante Andrea Vantini, da Pescantina, in provincia di Verona, che lo compose con il titolo "A Silvio", nel 2002, dopo aver assistito indignatissimo a una trasmissione di Santoro. Nel 2008, su indicazione del sottosegretario Brancher, Vantini offrì per intero la sua creatura al Cavaliere, che tenne la musica e riscrisse o fece riscrivere il testo comunque accentuando l'ispirazione in senso d'intimità per così dire fideistica. Per esempio, là dove Vantini cantava "Viva l'Italia,/ l'Italia che ha scelto/ di credere un po'/ a questo sogno", è saltato "un po'", sostituito da "credere ancora" al "Sogno", maiuscolo, che sistematicamente ricorre come dogma nel pop-messianismo berlusconiano, e sempre in rapporto alla sicura ed imminente trasformazione in realtà .
Si può dunque scherzare, di tutto questo, ma la faccenda è forse più seria di quel che sembra e di come suona. Si sa. Nell'edificazione del culto della personalità la musica gioca da sempre, in quanto macchina emotiva, un ruolo di grande rilievo. Vedi i cori della Germania nazista, le canzoni per Stalin o gli inni cantati dalle guardie rosse: "Ti pensiamo ogni minuto,/ stimato presidente Mao". Ma al giorno d'oggi, tanto più quando si sposa con le immagini nei videoclip, questo tipo di musica disvela con una certa chiarezza il suo intento più riposto e camuffato, l'obiettivo primo e ultimo della tecnica del potere: la sacralizzazione del leader.
Al netto di opportunismi cortigiani, ritrovati commerciali e megalomanie trionfalistiche, nel caso di Berlusconi, anzi di Silvio, "grande" e ancora "grande", e "nobile", "giusto", "geniale", "onnipresente", "carismatico", "sapiente" e via salmodiando, appare chiaro che si tratta in ogni caso di una sacralizzazione light, un'apoteosi morbida e incompiuta, un'idolatria segnata dai moduli del consumo e della pubblicità . Ma questo non impedisce affatto che egli disdegni questo consenso che si fa culto di se stesso; qualcosa che a volte giudica in pubblico "imbarazzante", ma si vede benissimo che per lui non lo è, è anzi spunto di piacere. La divinizzazione, d'altra parte, gli conviene se non altro perché giustifica a priori qualunque cosa egli faccia.
E comunque. Era da un po' che in Italia non risuonava il nome di un leader vivente in qualche inno o canzone. Neanche De Gasperi o Togliatti, per intendersi, né Fanfani o Berlinguer ebbero questo "privilegio". Ecco. L'attuale premier compare con il suo nome di battesimo in ben tre testi, e in contemporanea. Può essere un caso, ma anche un indizio - l'ennesimo, per la verità - di una stagione politica che non riconosce più tanto la democrazia, ma torna a inseguire una sorta di trascendenza dal basso fatta di miti, simboli, cantici, effervescenze.
Sembra passata un'epoca dal primo inno di Forza Italia: "Forza, alziamoci,/ il futuro è aperto, entriamoci./ E le tue mani unite alle mie,/ energie per sentirci più grandi/ grandi". E la ricerca, per non dire la mania di grandezza c'era tutta già allora , ma dal "noi", in parole e musica si è inesorabilmente passati al "Lui", con tutti i rischi che ne derivano.
(30 settembre 2009)
Out of control but I'm tied up tight