Baustelle!

Questa sezione è dedicata alle discussioni su OASIS, Beady Eye e Noel Gallagher (che non siano news o che si parli di novità , nuovo album ecc..) e su tutta la musica

Moderatori: silvietta, admin

Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 12:50 pm

e loro non sono tra quelli.
admin ha scritto:Sei stato permanentemente bannato da questa board.

iaia ha scritto:zio bubu.

liam4ever ha scritto:con Stankovic arretrato, quanto sei bella nella foto profilo. il Capitano larghissimo, Milito leggermente più indietro ed eto'o accentrato e avvicinato alla porta..
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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 12:52 pm

admin ha scritto:Sei stato permanentemente bannato da questa board.

iaia ha scritto:zio bubu.

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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 2:46 pm

Mistici o spietati?

Visioni dure, parole di speranza, ribellioni appassionate e sentimenti che lacerano. Una volta è la rivoluzione “contro i cori dei mercanti del tempio, per i cristi assassinati senza una Verità”, un’altra è il ricordo di stagioni “mentre scoprivamo il sesso, ignari di ciò che sarebbe poi successo”. Così il ritorno dei Baustelle, band toscana formata da Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini che venerdì pubblicano l’album “I mistici dell’Occidente”, 12 canzoni rock che superano qualsiasi definizione usata sino a oggi. Dove la musica è diretta agli anni ’60 e ’70 ma i pensieri sono per giorni bui come suggerisce il singolo “Gli spietati”.

Bianconi, nella vita si deve essere più mistici o spietati?

«Un po’ più mistici, e non nel senso religioso. Viviamo in una specie di nuovo Medioevo, di fronte alla durezza dei tempi occorre elevarsi dalla realtà, dalla materia, dai sensi. Il mistico si stacca da terra per arrivare a Dio. I Baustelle del mistico prendono solo l’atteggiamento».

Però cantate “ci salveremo disprezzando la realtà e questo mucchio di coglioni sparirà”.

«Jacopone da Todi diceva che, in realtà, il suo disprezzare la realtà era non darle prezzo, perché l’uomo alla fine tornerà polvere. Come vede, nel Medio Evo erano piuttosto moderni, no?».

Nelle sue visioni, da autore dei Baustelle, lei avvicina San Francesco e Huckleberry Finn di Mark Twain.

«Un accostamento acrobatico. San Francesco e Huckleberry hanno una purezza comune: sono anime semplici, innocenti se vuole. In antitesi, perché sono età biologiche diverse nella vita dell’uomo».

Che lei racconta con la musica degli anni Sessanta.

«Sì, anche perché rispetto ai precedenti questo non è un album monotematico. Allo stesso tempo ha delle sonorità “spaghetti western” molto morriconiane. Ci piaceva esprimere certe idee pensando a un’epoca gloriosa del nostro cinema quello di Ennio Morricone e ovviamente Sergio Leone, mistici ma anche un po’ rivoluzionari».

E oggi si può ancora essere rivoluzionari?

«Sì, almeno come atteggiamento. Viviamo in un’epoca di menefreghismo tale che anche il minimo atto di pensiero o di presa di coscienza può essere rivoluzionario. In questo senso mi piace pensare una forma di rivoluzione non armata. Purtroppo siamo così assuefatti a una monocultura che ci sembra impensabile persino scendere in piazza. Al massimo ci alziamo dal divano per andare a prenderci un caffè».

I mistici erano un po’ meglio.

«Certo, la metafora del mistico suggerisce di dare un nuovo peso alla realtà che ci circonda, soprattutto di non pensarla come l’unica possibile. Invidiabile, vero?». Per contrappasso, chi sono oggi gli spietati?

«Purtroppo siamo proprio noi stessi: quando rifiutiamo di pensare o siamo dominati dall’interesse personale, dall’individualismo. A volte senza rendercene nemmeno più conto. Ma gli spietati della nostra canzone sono figure più positive. Si può vivere, come facevano gli stoici, tenendo lontane le passioni e forse raggiungere una felicità estatica? Credo sia molto difficile. Eppure nel mio finale vince la passione, una voce lacerata chiarisce quanto è stata straziante la storia d’amore di cui la persona parla».

Insomma, da Jacopone da Todi a San Francesco, Mark Twain, l’Italia degli anni di Morricone, gli “spaghetti western”, persino Elemire Zolà, le sue influenze sono piuttosto varie.

«Se vuole, possiamo metterla così».

Quale libro che si potrebbe leggere subito dopo o subito prima aver ascoltato il nuovo disco dei Baustelle?

«”La strada” dello scrittore americano Cormac McCarthy; ha scritto tante storie western. Ma trovo che la storia più simile, più in tema a quello che vorremmo trasmettere noi con “I mistici dell’Occidente”, sia proprio quella di padre e figlio persi nella tragedia. In tanti lo hanno hanno definito pessimista e tragico, Io invece, volendo fare un paragone con il nostro disco, lo trovo più educativo. Sì, una visione educativa di un mondo che ci stupisce».

Fonte: IlSecoloXIX
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Re: Baustelle!

Messaggioda porzel il mer mar 24, 2010 3:02 pm

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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 3:12 pm

porzel ha scritto:http://xl.repubblica.it/dettaglio/79986

Cosa hanno fatto i Baustelle dopo l’ultimo disco, Amen, del 2008?
«Abbiamo avuto l'opportunità di realizzare la colonna sonora per il film Giulia non esce la sera di Giuseppe Piccioni. È una cosa che volevano fare da tempo, perché da sempre i Baustelle sono legati al cinema e alla sua musica. Siamo contenti perché pur essendo stato difficile ci siamo confrontati con un modo diverso di lavorare. Quando lavori per il cinema e sei al servizio di un regista devi mettere da parte l'ego e diventare un umile servitore. Il nuovo disco dei Baustelle nasce un po' con questo spirito che poi è quello del mistico. Volevamo servire in tavola un cuore poco cotto, quasi crudo. Cercare di essere più diretti possibile e andare dritto al sodo».

Questo disco è molto “visivo”.
«È vero, i riferimenti al cinema ci sono sempre stati nei nostri dischi. Per gli arrangiamenti ci siamo molto ispirati al Morricone “spaghetti western”. Abbiamo scelto quel tipo di mondo perché è stato rivoluzionario. Nessuno mai in Italia aveva fuso così l'elemento rock, quindi le chitarre elettriche, con una serie di suoni e colori legati alla tradizione folkloristica italiana come il marranzano, le nacchere, l'urlo. Questo disco attinge molto all'Italia di quelle colonne sonore, in maniera ottimistica. Abbaiamo pensato: prendiamo delle cose belle italiane che sono state fatte in un periodo di tempo ben preciso e cerchiamo di riattualizzarle cambiandole e rinnovandole».

Il disco è veramente ricco e i pezzi sono molto diversi uno dall'altro pur avendo un’omogeneità di fondo.
«È tutto voluto, anche la scaletta. Il pezzo iniziale, L’indaco, è un avvertimento. Ti mette in guardia, ma ti conforta allo stesso tempo. È una canzone difficile che dura ben sei minuti e dove la voce non arriva subito. Non parte con un rullo di batteria o un ritornello facile. È come un'avvertenza: mettetevi l'animo in pace, questo è un disco da ascoltare con attenzione».

Una scelta coraggiosa.
«I Baustelle hanno senso così, non potremmo fare canzoni di sottofondo. Forse è questa la nostra forza ed è giusto che sviluppiamo questa nostra peculiarità finché il sistema ce lo permette, finché continueranno a pubblicare dei dischi che possono essere considerati degli album. Sfruttiamo il momento finché dura poi ci riorganizzeremo. Ve lo promettiamo: possiamo essere anche ottimi compositori di singoli e di musica da intrattenimento, però ora, finché possiamo, preferiamo divertirci e sperimentare».

Il primo singolo, Gli spietati.
«Nonostante il titolo possa sembrare una citazione dell'omonimo film, parla degli spietati in senso abbastanza letterale. È una piccola canzone d'amore in senso filosofico sul vivere le passioni senza passione. Dice che forse sarebbe bello riuscire a vivere come i sassi e la rugiada, ma è una possibilità irrealizzabile. Se riesci a vivere senza il tormento che deriva dalla ricerca della verità, se riesci a essere apatico ma in una maniera bella e spirituale, magari diventi beato, però è difficile. Io non ci riesco. Quindi la canzone termina con un finale molto urlato che parla della carne che non si spegne mai».

Follonica.
«Per me che ho vissuto a Castiglione della Pescaia, che è la parte un po' più “fighetta”, Follonica assomiglia un po’ a Rimini. La spiaggia è un po' più sporca rispetto al resto della costa, ma mi piaceva soprattutto il nome, per ragioni di metrica. Il brano parla di una spiaggia di rifiuti dove il mare porta i detriti della civiltà occidentale. È il simbolo della fine di una storia d'amore. È semplicemente una canzone d'amore».

Questo brano quasi non dà speranza, c’è un forte senso di decadenza dove anche il sesso fa parte dell’infinita vanità del tutto.
«Sì, non condivido molto l’importanza che viene data oggi al sesso. C’è l'idea che possa risolvere tutti i problemi, che questo atto così liberatorio ci faccia stare automaticamente bene. Io la trovo parzialmente una cazzata. Comunque questa la definirei la canzone del depresso».

Anche ne La bambolina, la cui musica è di Rachele, torna il sesso fine a se stesso.
«Questo brano è una specie di A vita bassa parte seconda ma molto più incentrato sul ruolo della figura femminile. È la fotografia di una schiavitù spesso inconsapevole. Il meccanismo culturale e sociale di questo mondo e così diabolico che spesso non ci fa rendere conto di quanto siamo diventati schiavi. Forse per la donna questo succede in misura ancora maggiore, perché siamo nel regime della bellezza. C'è una canzone bellissima dei Divine Comedy che si chiama Beauty Regime e parla di questo. Invece di guardarci allo specchio ci guardiamo in un servizio di Vogue o in un manifesto della pubblicità».

Le rane è il brano più legato al mondo Baustelle che conosciamo, ricorda i primi album.
«È vero, ma col tempo che è passato. Non ero mai stato così vecchio nel senso di persona adulta che ricorda il passato».

San Francesco cita Una vita violenta di Pasolini.
«Questo testo è abbastanza folle e mi piace che abbia varie interpretazioni possibili. È molto ricca anche dal punto di vista musicale: c’è il trombone, la chitarra acustica, la chitarra elettrica, le tastiere, gli archi».

Avete scelto il produttore Patrick McCarthy, che ha lavorato con R.E.M., U2, Madonna.
«Volevamo un suono un po' più internazionale e meno italiano, ma senza un giudizio di valore. Volevamo semplicemente dare più importanza all'elemento musicale e un po' più di dinamica. Mi è sempre piaciuto il suono dei dischi dei REM e quindi abbiamo pensato a Patrick McCarthy e quando lo abbiamo contattato e gli abbiamo fatto sentire i nostri dischi, gli sono piaciuti e ha accettato».

Avete voluto anche un batterista americano.
«Sì, la batteria su molti pezzi del disco è stata registrata da Tim Boland a Los Angeles. Gli abbiamo mandato un piccolo hard disk e un po’ di giorni dopo ce l’ha rispedito con il suono della batteria. Questo modo di lavorare fa molta impressione. Siamo rimasti molto soddisfatti ma il batterista non l'abbiamo proprio visto».

Anche voi tre lavorate a distanza?
«Sì, la tecnologia ci ha aiutato perché grazie a internet possiamo comporre a distanza. Per i concerti, le interviste e le prove è necessaria la presenza fisica, ma per il resto possiamo stare anche lontani».

Non pensate che i vostri dischi possano essere esportabili? La vostra è una via italiana originale perché siete andati a cercare nelle radici del nostro paese e non venite dall'imitazione di prodotti esteri.
«È una cosa di cui non eravamo consapevoli ma di cui ci siamo accorti col tempo. Anche Patrick McCarthy è rimasto molto affascinato da questa cosa e voleva fare l'adattamento di un pezzo in inglese. Sosteneva che un certo tipo di pubblico americano, probabilmente un po' fighetto, avrebbe apprezzato I Mistici dell'Occidente cantato in inglese. Ma non sono cose così facili da realizzare a livello organizzativo e di distribuzione. Però se mai succedesse, ci piacerebbe fare un pezzo cantato con una pronuncia sbagliatissima, sarebbe cool, vero».
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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 3:23 pm

Due anni dopo è di nuovo Baustelle. Finalmente. Il loro terzo album si intitola Mistici dell’Occidente ed è senza ombra di dubbio il loro album più completo, più ricco, impegnativo e ambizioso. Per la prima volta hanno reso più snella la struttura musicale, liberando l’estro e l’arte del singolo che, con ogni probabilità, si tradurrà in una magia aggiunta quando partiranno in tour.

E’ un disco ricco di citazioni, con testi articolati. Ci sono molti echi. Il primo che viene in mente è Franco Battiato.
C’è qualche sua influenza. E’ un artista che stimiano anche se non ci siamo mai conosciuti.
Come nascono i mistici dell’occidente?
Ho trovato in una bancarella un libro di Elemire Zolla che portava quel titolo. Non conoscevo quel testo ma ho subito pensato che poteva essere rappresentare un disco.
Scrive Amore con la maiuscola e presidente con la minuscola…
Quando si canta sono differenze che non si percepiscono. Fosse una poesia la avrei scritta proprio così, come nella canzone. Cerco di usare il vocabolo amore il meno possibile, è abusato. Ma quando ci ricorro deve essere significante e lo uso con la maiuscola. I presidenti passano…
Le Rane è un inno all’amicizia.
E’ un testo molto biografico. Racconta di amici di una volta che non si incontrano più. Quando li ho ritrovati mi hanno fatto piangere. La canzone si muove in quell’epoca felice che precede la scoperta del sesso.
Nostalgia?
Non sono di quelli che dicono che si stava meglio una volta. Il fluire del tempo non è nostalgia bensì riflessione sui rimpianti, sulle occasione perdute.
Gli Spietati è una citazione al film?
Stavolta no. Anche la storia è diversa. I miei spietati sono gli stoici e i cinici, intesi in senso filosofico. Cercano la possibilità di stare meglio.
Lei è anche produttore dell’album. E vi siete avvalsi della collaborazione di Pat McCarty, collaboratore tra gli altri di Rem, U2 e Madonna.
Anche nei precedenti dischi ho fatto un po’ il produttore. Volevamo lavorare con un inglese o un americano, abbiamo esaminato tanti nomi, da quelli famosi a quelli poco noti. McCarty è venuto due volte a trovarci: lascia fare e rispetta il suono, ma lascia l’impronta.
Il suono vi soddisfa?
Volevamo un suono più dinamico e meno compresso. Gli americani tendono a essere più attenti allo spazio. Spero che questa impostazione ci permetta, dal vivo, di uscire dagli schemi.
La musica è in crisi?
Non mi spaventa la musica online mi spaventa il gratis. Puoi pagarla poco ma va pagata. Altrimenti si richia che l’artista non abbia i mezzi per vivere di musica e la faccia part time con fisiologico calo della qualità.
Considerate I Mistici dell’Occidente una tappa o la chiusura di un ciclo?
Chi fa arte è sempre working in progess.

Sky.it


dategli un bicchiere d'acqua a Bianconi!!!
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Re: Baustelle!

Messaggioda porzel il mer mar 24, 2010 3:27 pm

lol
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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 4:38 pm

BAUSTELLE male di vivere ai giorni nostri (con benedizione dei Rem)

Come si esprime oggi il male di vivere? Come si concilia poetica, invettiva e musica “ribelle” in questo plumbeo e soffocante periodo di plastica? La risposta è tra le dodici tracce del più ambizioso lavoro della band capitanata da Francesco Bianconi, registrato tra Brescia e Bòlgheri in Toscana, poco lontano dalla natia Montepulciano. È stato Pat McCarty, già produttore dei R.e.m. a dare la spinta ulteriore al sound dell’album, basta ascoltare il finale di “Follonica”: “È uno dei momenti preferiti”, racconta Francesco, “i R.e.m. ci hanno aiutati a contattarlo; è stato come un sogno di bambino che si è avverato”. Nel brano “I mistici dell’occidente” l’invettiva diventa tagliente: “Ci salveremo disprezzando la realtà e questo mucchio di coglioni sparirà e né denaro né passione servirà… forse il presidente non lo sa”. Se Battiato con “Inneres Auge” ha, per una volta, deciso di essere esplicito qui ci troviamo, invece, nell’ermetismo dei Buñuel e Tarkovskij: “Credo che sia così, diciamo al 50%. In parte è un mio modo di scrivere; i testi di questo album sono più ermetici, criptici”. Frasi ricorrenti, come proiettili che colpiscono: “Amore di povertà non conosce guerra”, quasi slogan poetici. “Slogan inteso come capacità di sintesi: dettagli memorabili, quasi mistici. Anche il pezzo di Sanremo, quello che canta “in tutti i luoghi in tutti i laghi” funziona, non ricordo chi la canta (Valerio Scanu, ndr). Non è ben congeniato ma chi ha scritto quel testo ha trovato la chiave, almeno per cellule sintetiche”. A proposito del Festival com’è nata la seconda canzone “prestata” a Irene Grandi? “Dopo l’incidente (ride, ndr) di “Bruci la città” mi ha ricontattato. Diciamo che questo è un lavoro di autore part-time che svolgo oltre a quello con i Baustelle”. Tra le tante cose che hanno fatto recentemente c’è anche un omaggio a Gaber: “Abbiamo proposto una canzone tratta da ‘I borghesi’ e ‘Polli di allevamento’: una bellissima esperienza. È un personaggio di cui si sente davvero la mancanza”. Attuale anche il testo de “La bambolina”: “Brucia modella smagliante sul cartello gigante e il suo triste sesso sia fine a se stesso”. I Baustelle suoneranno dal vivo in estate; Per ora, tre date a Roma, Firenze e Milano (17, 19 e 27 aprile). il gruppo sarà accompagnato da un’orchestra.
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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 9:40 pm

Il Messaggero

ROMA (24 marzo) - Esce venerdì il quinto disco dei Baustelle, trio toscano in grado di tessere atmosfere retrò, mischiare brani orecchiabili ma non scontati a un atteggiamento decadente, scrivere testi con lo sguardo rivolto al paese e lo spirito impegnato in esercizi di esistenzialismo e di sarcasmo. Stavolta, loro, stanno dalla parte della rivoluzione. Dopo l’indagine interiore e la constatazione del malessere sociale del precedente Amen, ecco I mistici dell’Occidente, la reazione propositiva, una spinta alla sollevazione attraverso l’arma della consapevolezza, un invito a costituire una sorta di comunità di anacoreti, una setta di individui pazienti che non fuggono né si astraggono dalla realtà ma la combattono vivendola a modo loro.

Nel disco non mancano le consuete citazioni letterarie ( il filosofo Elémire Zolla, scoperto per caso in una libreria esoterica), cinematografiche (Gli Spietati di Clint Eastwood, Vamos a matar, compañeros di Corbucci, il salgariano Yanez interpretato da Philippe Leroy), musicali (Beatles, Morricone), l’attrazione per i luoghi in declino (Follonica, che già Bianciardi considerava la Las Vegas toscana, qui ridotta a una spiaggia di “cicche e collant”, “lische e caffé” e di innamorati alla deriva), la critica alla moderna e triste idea di bellezza (La bambolina), il ricordo gioioso di un’amicizia corsara e il pianto per il tempo che fugge (Le rane), il romanticismo vecchia maniera e la cronaca di amori torturati, delusi o finiti. Tratti caratteristici della band (che ormai ha conquistato un ampio pubblico) e del suo frontman Francesco Bianconi, apprezzato parallelamente come autore (per Noemi e Irene Grandi) e in procinto di pubblicare per la Mondadori il suo primo libro Un romantico a Milano. E’ lui che, attraverso dodici inedite canzoni, ci conduce in questa Comune a contemplare il sacro e il profano dei dintorni.

Come descrive il nuovo disco?
«E’ meno colorato del precedente, ben collocabile, un folk-rock anni ’60-’70. E’ un disco da Armata Brancaleone, un po’ spaghetti-western, con chitarre in primo piano, campanelli, fischi, schiamazzi, botti, mortaretti. Il suono è più dinamico e meno compresso, si sposa perfettamente con questa idea dei mistici occidentali, un gruppo di rivoluzionari pseudo-messicani alterati, un po’ alla Gian Maria Volonté».

Consiglia la fuga a chi ascolta?
«Non consigliamo di diventare mistici, ma di pensare come loro, di provare a mettersi nell’atteggiamento mentale di chi anni fa scese in piazza, come Francesco D’Assisi, si spogliò di tutto e rimase con l’essenziale. Quella che oggi ci propongono in tivvù non è l’unica verità, questo non è l’unico mondo possibile. Ce ne è uno a portata di mano, che possiamo costruire a nostra misura operando delle scelte. Non c’è bisogno di scappare, si può rimanere qua e dare un peso diverso a ciò che ci circonda».

Qual è intanto la vostra rivoluzione individuale?
«Non è facile realizzare un album lungo, di canzoni sentite e non riempitive, lavorando per due anni con l’accortezza degli artigiani. Fare un disco così è già una piccola rivoluzione, ci vuole coraggio, nel sistema in cui viviamo, dove la musica sembra essersi ridotta alle cover».

Senza le cover finirebbero i talent show....
«Personalmente mi annoiano, ma non li disprezzo in sé, li disprezzo perché sono l’unica strada che viene indicata. Se l’offerta è monotematica lo diventa anche la proposta. Un ragazzino ormai pensa che la musica nasca in tv, e non dà un valore alla costituzione di un gruppo, alla composizione personale delle canzoni, ai concerti, al percorso che fa diventare artisti».

Lei ha scritto La cometa di Halley e ha decretato di nuovo il successo di Irene Grandi. Prima o poi anche la sua band cederà al Festival?
«Non ci trovo nulla di male a mettere il mio stile al servizio di altri. Ho una cifra di riconoscibilità, normale per un autore, vedi Battiato con Alice, Fossati con la Mannoia. Ma i Baustelle come gruppo non andranno al brutto spettacolo di Sanremo. Se ne può fare a meno, se ci si costruisce una propria credibilità».

Proverete ad esportare la vostra musica come altri gruppi italiani?
«Per noi una trasposizione non è naturale, non siamo puramente rock, ma più legati alla melodia. Ci basta godere del riconoscimento in Italia, dopo quindici anni di gavetta».

Però a questo disco avete lavorato con Pat McCarthy, già con REM, U2 e Madonna...
«Sì e ci siamo trovati perfettamente d’accordo sul fatto di tenere le voci grezze dei provini che avevo registrato in casa, invece di perfezionarle e trattarle. La nostra filosofia è buona la prima, se la prima è buona. Il risultato è una maggiore umanità».

E’ dunque un disco più sincero?
«Decisamente. Siamo meno citazionisti nei testi, usiamo meno giochetti, meno “baustellismi”. Si fa presto a diventare la parodia di sé stessi. Noi preferiamo cambiare, anzi maturare».

Accompagnati dall’Orchestra dei Mistici dell’Occidente i Baustelle suoneranno il 17 aprile a Roma, il 19 a Milano, il 27 a Firenze, e probabilmente saranno sul palco del Primo Maggio prima di partire per il tour estivo.
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Re: Baustelle!

Messaggioda 14 il mer mar 24, 2010 9:41 pm

Terra News

ll 26 marzo esce I mistici dell’Occidente, quinto album dei Baustelle, prodotto da Pat McCarthy, che vanta prestigiose collaborazioni tra cui Rem e U2. Anticipato dal singolo “Gli spietati”, con un video ispirato alla New York di Andy Warhol, con chiari riferimenti alla pop art e al glam rock di Velvet Goldmine, è interpretato tra gli altri da Carolina Crescentini e Diane Fleri. Il titolo dell’album, preso in prestito da un’opera di Elemire Zolla, è interamente registrato in Maremma dal trio Francesco Bianconi, Rachele Bastrenghi e Claudio Brasini. «Zolla non lo conoscevo - spiega il leader della band toscana - poi ho scoperto che ha vissuto gli ultimi anni della sua vita a Montepulciano, da dove veniamo ed è pure sepolto lì. Il titolo nasce da questo mio casuale acquisto in libreria».

Ti sei cimentato anche nella produzione, come è stato?
è stato molto impegnativo perché rispetto agli altri dischi ho controllato anche gli arrangiamenti.

C’è tanto Bianconi rispetto agli altri due componenti del gruppo?
No, loro sono bravissimi e danno sempre il loro contributo, infatti scriviamo i pezzi insieme e poi io organizzo.

Dal punto di vista autorale hai messo molta società ma il ritratto che ne fai è desolante…
Purtroppo è così. Però in questo disco c’è anche ottimismo, ma in un mondo diverso.

Non sarà mica perché ti sei trasferito dalla tranquilla provincia senese alla caotica Milano?
Non è Milano il problema, è Roma, Palermo è ovunque.

Ripercussioni per il brano dedicato “Follonica”?
La cittadina che non vorrà più un concerto dei Baustelle. L’altra settimana Claudio mi ha mandato una foto della spiaggia di Talamone con un frigorifero abbandonato: i rifiuti non sono solo a Follonica che è la Rimini di quel pezzo di costa tirrenica e che ha anche il suo fascino. Il sindaco capirà che sono solo una serie di immagini. Non ce l’ho con Follonica.

Anche “Le rane” mi sembra legata alla tua terra?
Sì, sono andato a pescare le rane con amici. Si andava d’estate di giorno ma soprattutto di notte. Si pesca con la canna e questa è la versione romantica della caccia, oppure con la “schiaccia”, un palo con cui inchiodi le rane su una tavoletta, una cosa molto crudele.

C’è spazio pure per “San Francesco” in questo lavoro?
Sì, perché è un simbolo, è una figura moderna e attuale, è il mistico italiano per eccellenza. La rinuncia dei beni materiali è un concetto plasmabile e non è per forza legato alla fede religiosa.

Ne “La bambolina” si parla di prostituzione?
Non è una prostituzione in termine letterario, ma metaforica. Viviamo in una società in cui siamo tutti prostitute, in particolare la donna, che oggi obbedisce a questa legge, cioè quella di dover seguire un determinato modello. Una specie di schiavismo incosciente imposto dalla tv.

E' comunque un ritratto negativo della donna?
E' quello che vedo, donne nude, mercificate. Questa è la società del cazzo e della fica. La canzone parla della ragazzina che vuole seguire quel modello di ragazza magra, parla del modo di utilizzare la bellezza femminile come oggetto sessuale.

Donne che diventano nel vostro album anche “Groupies”?
Non è riferito a loro, ma al senso dell’eccessiva importanza che in questo mondo si dà al sesso. Questo impero monotematico fatto di soldi e sesso. “Groupies” è solo un pretesto, il ritornello della canzone è quello che conta.

Chi sono “Gli spietati”?
Sono quello che vorrei essere io, a volte, ma non è detto che sia la cosa giusta. La possibilità di essere più felici in maniera quasi zen senza riuscire a vivere distaccati dalle passioni. Questo fa essere più felici? Forse nella canzone no, perché il finale è totalmente passionale.

In cosa vi sentite dei mistici?
Nel cercare di non credere a tutto quello che vogliono farti credere. Si può essere mistici disprezzando la realtà. Viviamo in un mondo in cui non sarebbe male fare un po’ più di silenzio e dare il giusto peso e ricordare che la verità non è solo questa che vediamo.

Vivere in una comune come la foto di copertina può essere una soluzione?
La copertina è ironica. Non è che l’isolamento o chiudersi in gruppo sia la soluzione
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