Guagno_ ha scritto:lucaOPENSPACES ha scritto:ti rispondo come mi ha risposto una manager di Sugar: "se vuoi provare a diventare qualcuno, ci provi in Italia, cantando in Italiano...all'estero hai 100.000 concorrenti che vivono in quella cultura da più anni di te, conoscono la lingua meglio di te e di speranze ne avrai praticamente zero".
i Finley infatti hanno dovuto tradurre dei pezzi, altrimenti in Italia non sarebbero usciti..
nn è per niente vero almeno per me
perchè ci sono tanti gruppi in italia che vanno a suonare all'estero
e sinceramente io vedo suonare piu' gruppi che cantano in inglese nei locali in italia
E' vero, nei locali ci sono più gruppi che cantano in inglese, ma il problema è che rimangono lì dove sono: senza un contratto e, quindi, senza niente di concreto.
Quelli che vanno fuori tornano purtroppo con un nulla di fatto ed il perché è semplice: in Inghilterra, negli Usa, in Francia... Il discorso che fanno è questo: abbiamo questi due prodotti, uno è nostro e l'altro è straniero; il problema non si pone neanche, spingiamo il nostro.
A meno che non sei un fenomeno che propone qualcosa di originalissimo, all'estero portano avanti i loro.
Se non sei originale, allora devi avere qualcosa che loro non hanno. E quindi chi sfonda? Chi porta l'italianità : Laura Pausini, Eros Ramazzotti o (caso a parte) Andrea Bocelli (la lirica è roba nostra ed infatti si canta in italiano in tutto il mondo). Ma questi discorsi non li fa solamente la discografia, ma anche gli ascoltatori.
Il contrario del ragionamento che invece si fa da noi, che siamo ammalati di un'esterofilia eccessiva che ci fa credere che qualunque cosa sia straniero sia più cool della nostra.
Anche Noel ha espresso questo concetto nell'ospitata a Trl. Quando il ragazzo gli ha chiesto se c'era possibilità per una band italiana di sfondare in Inghilterra ha risposto: "Oltre a cantare in inglese, quel gruppo dev'essere più bravo e più bello di quelli inglesi". E loro ragionano proprio così. Io ho vissuto in inghilterra e in Irlanda e l'ho riscontrato.
Per un certo verso è giusto, siamo noi che siamo sbagliati, che siamo pronti a far entrare gruppi scandalosamente scarsi (dal teen-pop al rock: in tutti i campi) perché sono stranieri e ne siamo affascinati. E trattiamo a pesci in faccia i "nostri", facendoli rimanere nelle cantine.
Quindi mi dispiace, Guagno, ma quello che dice Luca è vero. Voi siete molto bravi, non avete veramente niente da invidiare alle indie-band inglesi ma all'estero è probabile che vi rispondano: "Bravi, ma abbiamo già i nostri, gli originali".
Poi... nella vita tutto è imprevedibile e spero vivamente che la tendenza cambi e queste mie parole vengano completamente confutate.
Questo discorso lo faccio anche per il mio gruppo, vale anche per me.