come sei critico barto!!!
2-2-2009
Oasis @ Forum, Assago (MI)
Il presente live report sarà dedicato all'esplicazione del seguente concetto base: il 70% di questa nuova apparizione milanese degli Oasis ha avuto un senso solo ed esclusivamente grazie allo stile ed al carisma di Liam Gallagher.
Il perché è presto detto: fino all'esecuzione di 'Wonderwall', sestultimo brano in scaletta, la band, ed in particolare il trio Noel Gallagher – Gen Archer – Andy Bell, ha offerto una performance sottotono rispetto agli standard a cui i fans sono abituati; a tratti la prestazione si è avvicinata pericolosamente ai limiti del dimesso, e dal punto di vista strettamente musicale l'unico aspetto che si è mantenuto con continuità su buoni livelli è stato il drumming del nuovo arrivato Chris Sharrock, un bel compromesso tra la verve di Alan White e lo stile da stadium rock di Zack Starkey. Per il resto il suono prodotto dal trio di cui sopra è stato troppo spesso poco più che incolore, gli interventi della tastiera di Darlington talvolta sembravano un vero e proprio corpo estraneo al resto del suono, e le interpretazioni vocali di Noel hanno mostrato un enorme disagio del leader nei cambi di tonalità , che normalmente esegue con disinvoltura (davvero imbarazzanti soprattutto le esecuzioni di 'Waiting For The Rapture' e 'The Importance Of Being Idle').
Salvo la prestazione del Gallagher più giovane, ma non certo per come ha cantato, visto che la voce andava costantemente ad almeno una tonalità più bassa rispetto alle versioni in studio. Però intanto Liam ha saputo gestire al meglio i propri limiti, e poi un concerto non ce lo si gode soltanto con le orecchie, ma anche con la vista, e dal punto di vista scenico Gallagher jr. è stato uno spettacolo, mostrandosi incontrovertibilmente come uno dei migliori frontman in circolazione (da intendersi nel significato letterale della parola, e non come cantante). Il bello è che lui non fa niente che non sia alternarsi tra le ormai arcinote pose, con o senza l'aiuto del tamburello, che porta in giro per i palchi di tutto il mondo da una quindicina d'anni, ma probabilmente da piccolo, come un novello Obelix, è caduto nel pentolone che conteneva la pozione magica che dava il carisma, e quindi gli basta essere sé stesso per magnetizzare lo sguardo e l'attenzione di tutti. Che poi la voce non sia proprio 'a postissimo' è vero, ma se i suoi compagni di avventura avessero suonato con almeno metà dell'espressività che contraddistingue le sue mosse, staremmo qui a parlare di un altro concerto.
Invece sono stati sottotono, che non vuol dire che abbiano suonato male, che il concerto sia stato brutto, o cose del genere: nonostante le lacune evidenziate sopra, il risultato finale è stato senz'altro ben oltre la soglia del godibile, ma dagli Oasis (soprattutto da quando c'è questa line-up) ci si aspetta ben altro, in termini, come detto, di sensibilità , di tocco, di espressività nell'esecuzione. Soprattutto se lo aspetta chi, come me, li ha visti tante altre volte, e questo punto di forza l'aveva sempre riscontrato. Ma più la scaletta andava avanti, tra alcuni brani nuovi, pochissimi episodi tratti dal passato recente, ed un valanga di hit degli anni '90, e più si consolidava l'impressione di cui al concetto base all'inizio di questo report. Rimanendo comunque la resa dei brani su discreti livelli, la voglia di cantare e saltare non era certo inferiore al passato, ma dal punto di vista della globalità del coinvolgimento, qualcosa mancava.
Finché al momento di suonare 'Wonderwall' succedeva qualcosa. Succedeva che il suono semplicemente si animava, che gli spettatori finalmente vivevano in pieno il calore proprio del brano, che la piattezza risultava, finalmente, un concetto estraneo. Subito dopo c'era 'Supersonic', e le emozioni erano le stesse. Vuoi vedere che si sono svegliati? Vuoi vedere che gli Oasis che conoscevo io esistono ancora? Peccato che si allontanino per la consueta pausa prima degli 'encore', non vorrei che si interrompa il momento propizio.
La sensazionale rivisitazione semiacustica di 'Don't Look Back In Anger', invece, spazzava via ogni paura: Noel cantava e suonava la chitarra acustica in modo finalmente consono, ed i riff di Gem, graffianti al punto giusto, portavano il livello di intensità emotiva alle stelle: un 'magic moment' vero e proprio. Anche le altre tre canzoni rimanenti ('Falling Down'', Champagne Supernova' e 'I Am The Walrus') rappresentavano altrettante ottime esecuzioni, e tutti vissero felici e contenti.
In conclusione, se usare l'espressione 'parabola discendente' per gli Oasis è senz'altro prematuro, non lo è il cominciare a chiedersi quando questa fase arriverà . Non è certo un fatto positivo, ma finché non succederà davvero, i fans potranno ancora godersi spettacoli soddisfacenti, ma purtroppo non più esaltanti come in passato.
Stefano Bartolotta
indie-rock.it