Sempre peggio...
I nuovi conti economici 2008: Pil +0,6% e deficit pubblico verso il 2,4%
Il Governo aggiorna gli obiettivi per il triennio 2008-2010 con la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica. I nuovi dati su crescita e deficit sono in significativo peggioramento, la situazione congiunturale è difficile
La crisi finanziaria internazionale e l'incombente recessione americana hanno portato a una drastica riduzione delle previsioni di crescita del Pil italiano per il 2008, dall'1,5% indicato nell'aggiornamento di novembre del Programma di stabilità al magro 0,6% attuale. A fare i conti con il rallentamento dell'economia è, innanzitutto, il rapporto deficit/Pil, che è destinato a rimbalzare dal brillante 1,9% messo a segno nel 2007 a circa il 2,4% tendenziale previsto per quest'anno (e a fronte del 2,2% programmatico), mentre il debito dovrebbe continuare a calare verso il 103% del Pil. Si faranno sentire, pertanto, sul bilancio pubblico gli effetti della minore crescita sulle entrate tributarie e sulle spese, insieme alle tensioni sui tassi d'interesse, legate alle turbolenze dei mercati finanziari e all'inflazione che ha rialzato la testa. Con la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica - che dal 2007 ha ridenominato la Relazione trimestrale di cassa e la collegata Relazione sull'andamento dell'economia - il ministro dell'Economia aggiorna le previsioni sull'anno in corso, già indicate nell'ultima Finanziaria, e rende noti nello stesso tempo i risultati a consuntivo sui conti pubblici dell'anno precedente.
Il nuovo quadro congiunturale è preoccupante: i maggiori centri di previsione nazionali e internazionali hanno pressoché dimezzato, rispetto allo scorso autunno, le stime di crescita della nostra economia per il 2008. La Relazione previsionale e programmatica su cui era basata la Legge finanziaria indicava, infatti, un tasso di incremento del Pil pari all'1,5%, oggi giudicato irraggiungibile. Le più recenti previsioni non vanno oltre lo 0,5/0,7%, un dato che aggrava ulteriormente la distanza tra l'Italia e gli altri paesi europei e, soprattutto, mette a rischio il futuro andamento dei conti pubblici, che stanno beneficiando della positiva eredità del 2007. Il miglioramento del deficit è prevalentemente dovuto, anche nello scorso anno, alle maggiori entrate tributarie, favorite dalla ridotta area dell'evasione, ma la dinamica della spesa pubblica si è comportata un po' meglio del previsto. La stagnazione dell'economia, accompagnata da un'inevitabile frenata del gettito fiscale e dall'accelerazione delle spese, non può che riportare i conti in affanno.
Lo scenario macroeconomico aumenta, del resto, le preoccupazioni: con il Pil in ribasso verso lo 0,6% rispetto alla stima dell'1,5% contenuta nel Programma di stabilità (trasmesso alla Commissione europea), l'indebitamento netto tende a salire automaticamente sopra il 2,5% a fronte del 2,2% programmatico. Il quadro dei conti pubblici che si delinea invita, dunque, alla prudenza e la partita è tutta in salita, senza margini per extragettiti fiscali (tesoretti) da distribuire, destinati a essere assorbiti dalle spese già approvate. Occorrerà vigilare, anzi, perché il deficit non si avvicini di nuovo al limite del 3% del Pil, fissato nel Patto di stabilità europeo, proprio quando la Commissione Ue si avvia a chiudere la procedura di disavanzo eccessivo aperta nel 2005. Se lo scorso anno, come l'Istat ha da poco certificato, il deficit si è fermato all'1,9% del Pil, le stime per il 2008 si collocano ormai su valori significativamente superiori, pur rimanendo entro la soglia dei parametri di Maastricht. I programmi elettorali dei protagonisti politici non sembrano, inoltre, tenere conto del peggiorato scenario congiunturale, promettendo una serie di sgravi di imposte senza preoccuparsi delle coperture finanziarie (a partire dal contenimento della dinamica della spesa corrente). L'elevato debito pubblico non consente, poi, l'adozione di misure di bilancio espansive, tali da stimolare la crescita dell'economia.
Verso Dpef e Finanziaria 2009
Crescita del Pil e deficit pubblico sono i principali numeri obiettivo - le variabili chiave - contenuti nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, presentata dal ministro dell'Economia e delle Finanze. La prima sezione del documento (Andamento dell'economia nel 2007 e aggiornamento delle previsioni per il 2008-2010) rivede le stime della Relazione previsionale e programmatica dello scorso settembre, sulla base del consuntivo 2007 dell'Istat, già reso noto il 29 febbraio, sull'andamento tendenziale delle principali variabili macroeconomiche previsto per quest'anno.
La seconda sezione (Situazione di cassa al 31 dicembre 2007 e stima del fabbisogno di cassa per l'anno 2008), già nota come Relazione trimestrale di cassa, presenta i risultati della gestione della finanza pubblica nel 2007 a confronto con quella dell'anno precedente. L'analisi è condotta per l'intero settore pubblico distinto nei suoi diversi comparti: settore statale, enti di previdenza e altri enti pubblici consolidati. La Relazione è tradizionalmente pubblicata in quattro cadenze nel corso dell'anno, intorno alla metà dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre. Oltre ai dati sul fabbisogno di cassa, viene fornita anche una stima dell'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, elaborata d'intesa con l'Istat sulla base delle informazioni contenute nei conti del settore statale e di tutto il settore pubblico.
Nell'edizione di marzo - resa nota anche quest'anno con qualche anticipo sui tempi consueti, peraltro già poco puntuali - la Relazione trimestrale di cassa presenta, insieme alla situazione completa dei conti pubblici alla fine dell'anno precedente, la prima fotografia degli andamenti tendenziali della finanza pubblica nell'anno in corso, che consentono di predisporre le nuove stime per il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef) di prossima elaborazione (giugno) e la definizione della successiva manovra di bilancio (settembre), in vista della Legge finanziaria per il 2009.
Secondo il centro studi il caro petrolio sottrae 0,6 punti alla dinamica del Pil
mentre la rivalutazione del cambio ne toglie 0,2 (e altri 0,4 nel 2009)
L'allarme di Confindustria
"Italia verso crescita zero"
ROMA - Un Paese che non va avanti. Anzi, nel 2008, l'Italia viaggia verso la crescita zero. E' netto l'allarme lanciato dal centro studi di Confindustria nella 'congiuntura flash' di questo mese. Ai livelli attuali, dicono da viale dell'Astronomia, il caro petrolio sottrae 0,6 punti alla dinamica del Pil mentre la rivalutazione del cambio ne toglie 0,2 (e altri 0,4 nel 2009). Una frenata che "colpisce tutti i Paesi industriali" ma che data la bassa crescita dell'Italia si fa sentire maggiormente. Il differenziale di crescita tra Italia e il resto di Eurolandia è tornato così ad ampliarsi nel 2007 e resta superiore al punto percentuale nel 2008.
Secondo l'analisi mensile redatta dal centro studi dell'associazione, dal 2000 a oggi la mancata crescita del Paese, calcolata rispetto alle altre nazioni dell'euro, è stata del 10,4%, con una media annua dell'1%. Una dato che si somma al minor sviluppo già accumulato dal 1992 in poi. Se avesse avuto una crescita
"europea", l'Italia avrebbe nel 2008 un Pil di 225 miliardi più elevato.
Dopo le cifre, le cause. Per gli industriali, il rallentamento è legato "alla perdita di potere d'acquisto per il rincaro delle materie prime (specie energetiche), alla perdita di competitività da rivalutazione del cambio, alla debolezza dell'economia Usa". Senza dimenticare "i ritardi nelle riforme necessarie ad adeguarsi alle regole della moneta unica".
Dal punto di vista della pressione fiscale, nel 2008, la pressione rimarrà stabile al 43,3%, avvicinandosi al al picco del 43,7% registrato nel 1997. Sul fronte dei conti pubblici, la spesa corrente primaria nel 2008 si attesterà al 39,7% del pil in lieve aumento rispetto al 39,6%.
Le materie prime tornano a correre: +2,1% i prezzi in euro nella prima settimana di marzo con il +2,8% dei combustibili e il +0,2% dei non alimentari, mentre gli alimentari calano (-1,4%) dopo il balzo di febbraio (+8,5%). Prezzi record si sono avuti nell'ultimo mese per petrolio, riso, grano. Su base annua, l'indice generale rallenta al +29,1%.