Referendum Costituzionale Confermativo 25/26 Giugno 2006

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Referendum Costituzionale Confermativo 25/26 Giugno 2006

Messaggioda gius il lun giu 05, 2006 10:32 am

Presidente della Repubblica

com'è:
Elezione: eletto da Camera e Senato in seduta comune con l’aggiunta di tre delegati per Regione eletti dai Consigli regionali in modo che sia assicurato il rispetto delle minoranze.
Poteri: è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Età minima per essere eletti: 50 anni.

come diventa:
Elezione: eletto dall'Assemblea della Repubblica: due Camere (dei Deputati e Senato federale), Presidenti di Regione e delle Province di Trento e Bolzano e da un numero di delegati eletti dai Consigli regionali.
Poteri: è il Capo dello Stato, rappresenta la Nazione ed è garante della Costituzione e dell'unità federale della Repubblica. Vengono aggiunti due poteri, la nomina dei Presidenti delle Authority e la designazione del vicepresidente del CSM. La concessione della grazia diventa suo potere esclusivo.
Età minima per essere eletti: ridotta a 40 anni.


Governo

com'è:
Capo del governo: nominato dal Presidente della Repubblica, dirige la politica generale del Governo.
Ministri: nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Capo del Governo.
Ministri: nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Capo del Governo.
Fiducia: dalle due Camere, ognuna delle quali la accorda o la revoca mediante mozione motivata e per appello nominale.

come diventa:
Primo ministro o Premier: nominato dal Presidente della Repubblica sulla base dei risultati delle elezioni, determina la politica generale del Governo e dirige l'attività dei Ministri.
Ministri: nominati e revocati dal Primo Ministro.
Fiducia: la Camera dei Deputati esprime un voto sul programma del Governo (vedi scioglimento delle Camere).


Parlamento

com'è:
Camera dei Deputati: 630 deputati. Approvazione del Regolamento interno a maggioranza assoluta dei componenti. Età minima per essere eletti: 25 anni.
Senato della Repubblica: 315 senatori con cinque anni di mandato. Età minima per essere eletti: 40 anni.
Bicameralismo: cosiddetto "perfetto". La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere, con il passaggio da una all'altra dei progetti/disegni di legge fino a quando tutte e due le Camere approvano lo stesso testo.

come diventa:
Camera dei Deputati: ridotti a 518 i deputati più deputati a vita (ex presidenti della Repubblica e non più di 3 nominati). Approvazione del Regolamento interno a maggioranza di tre quinti dei votanti. Età minima per essere eletti: ridotta a 21 anni.
Senato Federale della Repubblica: ridotti a 252 i senatori eletti a livello regionale contestualmente ai rispettivi Consigli regionali. Devono avere legami di appartenenza alla Regione per la quale vengono eletti. Età minima per essere eletti: ridotta a 25 anni.
Bicameralismo: la Camera ha l'ultima parola sulle leggi di competenza esclusiva dello Stato, il Senato su quelle di competenza concorrente (mista Stato/Regioni) e regionale, insieme decidono sulla legge di bilancio su quelle costituzionali, elettorali e riguardanti gli enti locali.


Scioglimento delle Camere

com'è:
Il Presidente della Repubblica può sciogliere le due Camere (dei Deputati e Senato) o anche solo una di esse, sentiti i rispettivi Presidenti.

come diventa:
Camera dei Deputati: in caso di mozione di sfiducia al Primo Ministro, lo scioglimento è automatico. In caso di richiesta di fiducia negata, il Primo Ministro si dimette e il Presidente della Repubblica scioglie la Camera e indice le elezioni, oppure la maggioranza può presentare una mozione in cui indica il nuovo Primo Ministro che il Presidente della Repubblica sarà tenuto a nominare (Sfiducia costruttiva).
Senato Federale della Repubblica: il Presidente della Repubblica può sciogliere il Senato federale in caso di sua prolungata impossibilità di funzionamento.


Corte costituzionale (Consulta)

com'è:
Composizione: 15 giudici, nominati dal Presidente della Repubblica (cinque), dal Parlamento in seduta comune (cinque) e dalle supreme magistrature (cinque).
Incompatibilità: Parlamentare, Consigliere regionale, avvocato.

come diventa:
Composizione: 15 giudici, salgono da cinque a sette quelli di nomina parlamentare ( tre dalla Camera, quattro dal Senato federale), quattro vengono nominati dal Presidente della Repubblica e quattro dalle supreme magistrature.
Incompatibilità: Parlamentare, Consigliere regionale, avvocato durante il mandato; si aggiungono, nei tre anni dopo la scadenza, incompatibilità con incarichi di governo, cariche elettive o di nomina governativa, svolgimento di funzioni in organi o enti pubblici.


Consiglio superiore della magistratura (Csm)

com'è:
Presidenza e membri di diritto: è presieduto dal Presidente della Repubblica. I membri di diritto sono il primo presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.
Membri eletti: per due terzi da tutti i magistrati ordinari e per un terzo dal parlamento in seduta comune. Il CSM elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.

come diventa:
Presidenza e membri di diritto: non cambia
Membri eletti: per due terzi da tutti i magistrati ordinari, per un sesto dalla camera e per un sesto dal Senato federale. Il Vicepresidente è scelto dal Presidente della Repubblica.


Federalismo e devoluzione

com'è:
Regioni: potestà legislativa in ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Governo: può promuovere la questione di legittimità costituzionale alla Consulta qualora ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione.

come diventa:
Regioni: potestà legislativa esclusiva in materia di assistenza sanitaria, organizzazione scolastica (e parte dei programmi scolastici di interesse specifico regionale), polizia locale (Devoluzione).
Definizione delle competenze regionali trasferendo all’esclusiva competenza statale importanti materie di interesse nazionale ( tra cui energia, infrastrutture, tutela della salute, sicurezza sul lavoro).
Attuazione, entro tre anni, del federalismo fiscale previsto dalla precedente riforma per gli enti locali, (autonomia finanziaria di entrata e di spesa, risorse autonome, fondo perequativo per territori con minore capacità fiscale, destinazione di risorse aggiuntive in casi determinati.
Governo: può impugnare una legge regionale, che ritenga pregiudichi l’interesse nazionale, davanti al Senato federale che rinvia la legge alla Regione per la rimozione della causa d'impugnazione. In caso negativo la legge viene sottoposta al Parlamento in seduta comune che a maggioranza assoluta, può proporre al Capo dello stato l'annullamento parziale o totale della legge.
Clausola di supremazia: lo Stato può sostituirsi agli enti locali nel caso di mancata emanazione di norme essenziali.
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Messaggioda gius il lun giu 05, 2006 10:33 am

In pillole:

SI Rafforza il diritto dei cittadini a scegliere un primo ministro, un programma e una coalizione di governo.

SI Riduce il numero dei parlamentari.

SI Razionalizza e velocizza la procedura per fare le leggi, distinguendo le competenze della Camera da quelle del Senato Federale.

SI Mette ordine nel caos creato dalla riforma "federalista" approvata dal centrosinistra nel 2001, con soli quattro voti di scarto: un pasticcio che ha provocato centinaia di contenziosi tra Stato e Regioni e tanto spreco di denaro.

SI Ricompatta il Paese invece che dividerlo: tornano competenza dello Stato 13 importanti materie e viene introdotto il concetto di interesse nazionale
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Messaggioda gius il lun giu 05, 2006 10:33 am

Approfondimenti:

La modifica della seconda parte della Costituzione, attesa ormai da lungo tempo, è indispensabile per modernizzare le nostre istituzioni. Occorre munire il paese di quegli stessi strumenti di cui le altre democrazie occidentali dispongono da tempo per affrontare in condizioni di parità con gli altri paesi le grandi sfide che i tempi ci impongono sul piano dei rapporti internazionali, dell'economia e del diritto interno. Negli ultimi vent'anni si sono susseguiti numerosi tentativi, tutti falliti, di riformare la Carta del 1948, salvo la modifica del Titolo V approvata dal centrosinistra alla fine della scorsa legislatura. La revisione della seconda parte della Costituzione è ora stata realizzata dalla Casa delle Libertà e sarà sottoposta al voto dei cittadini attraverso il referendum confermativo che, molto probabilmente, si terrà nel prossimo mese di giugno, subito dopo lo svolgimento delle elezioni politiche.

La riforma è stata ed è oggetto da parte del centrosinistra e di molti organi di informazione e opinionisti schierati di accuse gravissime: la “devolution” che disgrega l’unità d’Italia, il premierato che crea una “deriva plebiscitaria” e la “dittatura del premier”. Si tratta di accuse del tutto destituite di fondamento, di una vera e propria campagna di delegittimazione e falsificazione dei contenuti della riforma. Ad essa è necessario rispondere innanzitutto facendo chiarezza sui contenuti effettivi della riforma. Essa non è certo immune da difetti e incongruenze che sono, semmai, di natura opposta rispetto a quelli denunciati dal centrosinistra. Dall’analisi del testo emergono anche le ragioni per le quali si può e si deve votare Sì al referendum, evitando così che venga ancora una volta sprecata una grande occasione di modernizzazione delle nostre istituzioni, forse irrepetibile per molti anni a venire.

Per un’analisi approfondita della riforma è opportuno partire da una questione di fondo: la necessità di superare il bicameralismo paritario, giustamente criticato da Crisafulli come "assurdo e ingombrante". Questo aspetto, sempre sottovalutato, rappresenta invece uno snodo cruciale della riforma (la cui difficoltà ha concorso a determinare, insieme ad altre ragioni politiche, i fallimenti dei tentativi riformatori prima ricordati). Quello italiano è infatti l’unico sistema parlamentare al mondo (dopo la riforma della Costituzione rumena) che affida il rapporto fiduciario con il governo ad entrambe le Camere. Superare il bicameralismo paritario è essenziale sia per quanto riguarda la modifica della forma di governo nel senso del premierato (modifica che presuppone di affidare il rapporto fiduciario ad una sola Camera, per evitare che una possibile divaricazione nella composizione politica delle due Assemblee impedisca la formazione di un indirizzo politico univoco e di un governo stabile), sia per quanto riguarda la realizzazione di un assetto di tipo federale (che presuppone l’istituzione di una Camera federale come sede di raccordo tra Stato e autonomie, in particolare le Regioni, titolari della potestà legislativa su importanti materie).


La riforma del titolo V della Costituzione approvata negli ultimi giorni della scorsa legislatura dalla maggioranza politica del centrosinistra, ha realizzato quella che si può chiamare la "grande devoluzione", per la quantità e la qualità delle materie deferite alla competenza legislativa delle regioni (addirittura tra le materie concorrenti vi sono: grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; ordinamento della comunicazione e molte altre ancora). Questa riforma è considerata incompleta e imperfetta dalla comunità scientifica, dagli operatori e persino da gran parte delle forze politiche che l'hanno approvata. Essa ha ripartito le materie, che inevitabilmente hanno confini incerti (del resto, i problemi che le leggi sono chiamati a risolvere riguardano quasi sempre un intreccio di materie), e ha creato una vastissima zona di competenze intermedie (le cosiddette “materie concorrenti”). Ma non ha previsto una Camera federale come "sede" del federalismo, cioè dell'incontro istituzionale tra Stato e territorio, della mediazione politica delle materie (per decidere concretamente “chi fa che cosa”), della composizione degli interessi divergenti, dell'equilibrata distribuzione delle risorse; e ha addirittura cancellato la tutela dell'interesse nazionale privando il sistema di una clausola generale e flessibile di competenza statale come "strumento" del federalismo (alla stregua della clausola prevista dall'articolo 72 della Costituzione tedesca a tutela dell'unità giuridica ed economica). Ne è scaturito un federalismo rissoso e confuso, con gravi conseguenze: che si sono accresciuti esponenzialmente i conflitti di competenza tra Stato e Regioni e che, quindi, la “sede” del federalismo è divenuta la Corte Costituzionale e lo “strumento” del federalismo è divenuta la giurisprudenza costituzionale. Cioè una sede e uno strumento impropri e non idonei, perché non politici, con buona pace della certezza del diritto, della responsabilità del Governo e della sovranità del Parlamento trasferite dall'organo rappresentativo della volontà popolare ad un organo tecnico-giuridico quale la Corte.

Non solo. La riforma del titolo V della scorsa legislatura ha anche un altro serio inconveniente, il terzo comma dell'articolo 116 che consente "ulteriori forme e condizioni di autonomia" (il cosiddetto federalismo progressivo o differenziato). In base a tale comma le regioni potranno chiedere e ottenere dalla maggioranza politica pro tempore (con legge ordinaria approvata a maggioranza assoluta) la potestà legislativa su tutte le materie di legislazione concorrente e addirittura su alcune materie di competenza esclusiva dello Stato, tra cui le "norme generali sull'istruzione". Una sorta di "dissolution".


Esaminiamo ora come interviene la riforma della parte seconda della Costituzione per quanto riguarda il bicameralismo e il federalismo. Essa ha indubbiamente alcuni grandi meriti.

* Ha sottratto alla seconda Camera la “fiducia” al Governo. Va dato atto ai senatori di aver realizzato con coraggio questa difficile modifica del bicameralismo italiano sulla quale pochissimi avrebbero scommesso.
* Ha previsto una riduzione (quasi del 20 per cento) del numero dei parlamentari, sia pure diluita realisticamente nel tempo.
* Ha apportato molte e significative correzioni alla riforma del titolo V della scorsa legislatura
. In particolare:

a) ha ricondotto allo Stato una serie di materie che erano state impropriamente inserite nell’elenco delle materie di legislazione concorrente (come già ricordato: grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; ordinamento della comunicazione);

b) ha ripristinato l’utilizzazione del limite dell’interesse nazionale (o di altri limiti analoghi diversamente denominati, come la tutela dell’unità giuridica ed economica) sia in funzione preventiva che repressiva. In funzione preventiva, cioè come presupposto per l’attivazione di una legislazione nazionale, anche su materie di competenza regionale (un limite di fatto già utilizzato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale dopo la riforma del 2001). Si tratta della clausola cosiddetta di supremazia o flessibilità, simile a quella prevista nella Costituzione tedesca). In funzione repressiva per rimuovere le disposizioni pregiudizievoli dell’interesse nazionale contenute nelle leggi regionali, limite da attivare in via eccezionale sulla base di una chiara assunzione di responsabilità del governo che deve essere accolta dal Parlamento in seduta comune con maggioranza assoluta (lasciando correttamente al Capo dello Stato una funzione non politica ma di controllo costituzionale). In sostanza un perfezionamento dell’art. 127 della Costituzione del 1948 che la riforma del 2001 aveva incautamente cancellato;

c) ha abrogato il terzo comma dell’art. 116 (quella sorta di "dissolution").

* Ha ricondotto la “piccola devoluzione” voluta dalla Lega Nord su sanità, istruzione e polizia locale all’attribuzione alle Regioni di competenze che esse sostanzialmente già hanno, ponendo le basi per politiche nazionali nel settore della sanità (le cui norme generali spettano allo Stato come le norme generali sull’istruzione) e sostituendo l’espressione “polizia locale” con quella di “polizia amministrativa regionale e locale”.

E' particolarmente significativo il giudizio espresso da un costituzionalista Ds come il prof. Augusto Barbera, che in una intervista al Sole 24 ore del 17 ottobre 2004 ha testualmente affermato: " ...Il testo della Cdl, anche se è spesso contorto e farraginoso, è attento alle esigenze unitarie e si muove nella prospettiva di un regionalismo forte, adeguato alla realtà italiana. E' paradossale, ma bisogna riconoscere che è toccato a un ministro leghista come Roberto Calderoli rimediare ai pericoli per l'unità nazionale del federalismo sgangherato del Titolo V dell'Ulivo. Di cui, tra l'altro, nel Centro-sinistra si fa a gara per disconoscerne la paternità. Con il recupero dell'interesse nazionale, l'introduzione della clausola di supremazia e la riattribuzione alla competenza statale di materie come i trasporti e l'energia si sono salvaguardate le esigenze unitarie. Sostenere che si è fatta la devolution è propagandistico quanto l'accusa che questa spacca il Paese. La polizia regionale è solo amministrativa. Le norme generali sull'istruzione e sulla sanità sono di competenza dello Stato...". Ben altro, dunque, che pericoli per l’unità nazionale. La patria non è messa in pericolo, ma semmai salvata dalla riforma.


Esaminiamo ora le modifiche che riguardano la forma di Governo (che entreranno anch'esse in vigore dopo il 2011). Rinunciando sia al presidenzialismo all'americana sia al semipresidenzialismo alla francese, la Casa delle Libertà ha scelto il modello del cosiddetto premierato. Esso, per un verso, è quello più vicino e che meglio asseconda i comportamenti spontanei dei protagonisti della scena politica degli ultimi dieci anni, dell'uno come dell'altro fronte. Per altro verso, è stato proposto da tempo da un vasto schieramento culturale assolutamente bipartisan ed era contenuto nello stesso programma elettorale dell'Ulivo del 1996, fino ad essere formalizzato in seno all'ultima Commissione bicamerale per le riforme costituzionali.

Inoltre, la forma di governo del Primo ministro contenuta nella riforma è ben più debole dei modelli fin qui delineati, anche da parlamentari e studiosi dell’area del centro-sinistra. Basti infatti ricordare che:

* il testo non prevede affatto l’elezione diretta del premier ma solo la sua designazione preventiva; l'elettore esprime il proprio voto per le liste e i candidati all’elezione della Camera, scegliendo ad un tempo Premier e maggioranza, esattamente il contrario del sistema "israeliano"; si rafforza la figura di un Primo ministro quale leader responsabile di una coalizione, ben diversa dunque da quella di un capo carismatico prescelto in modo autonomo dalla maggioranza e per le sole qualità personali;
* il Primo ministro, quando si dimette per cause diverse dall’approvazione di una mozione parlamentare di sfiducia, può essere sostituito da un altro Primo ministro indicato con apposita mozione parlamentare, purché appartenga alla medesima maggioranza espressa dalle elezioni (e ciò per evitare i cosiddetti “ribaltoni”);
* il potere del Primo ministro di proporre al Capo dello Stato lo scioglimento anticipato della Camera è ampiamente bilanciato dal potere attribuito alla stessa Camera di impedire lo scioglimento mediante l’approvazione di una mozione, sottoscritta da deputati appartenenti alla stessa maggioranza espressa dalle elezioni, nella quale si dichiari di voler continuare nell’attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro.


L'accusa di realizzare una "deriva plebiscitaria" è dunque del tutto infondata. Al premier vengono attribuiti poteri equivalenti o addirittura inferiori a quelli attribuiti al capo dell'esecutivo dalle più consolidate democrazie parlamentari. Il rischio che incombe sulla riforma è semmai quello contrario, cioè di un Governo debole e di un premier che può subire i veti di componenti minoritarie della propria maggioranza a causa dell'eccessiva rigidità della cosiddetta norma antiribaltone (letteralmente copiata dal documento Bassanini-Amato). Una norma troppo rigida perché mette sullo stesso piano eventualità molto differenti tra loro come, ad esempio, il caso dei senatori Tremonti e Grillo che nel 1994 consentirono la nascita del governo Berlusconi, con i casi ben diversi e gravissimi dei “ribaltoni” del 1994 e del 1998. In particolare va assolutamente soppressa la norma che costringe il premier alle dimissioni "qualora la mozione di sfiducia sia respinta con il voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni". Si tratta infatti di una norma grimaldello che può scardinare la stabilità dell'esecutivo.


Se nel dibattito parlamentare, anziché innalzare barricate su una presunta e inesistente dittatura del premier o sui rischi, altrettanto inesistenti, di disgregazione dell'unità d'Italia, si fosse concentrata l’attenzione sui problemi reali che il disegno di legge di revisione costituzionale presenta, il testo della riforma sarebbe stato certamente migliore. Ma il centrosinistra ha scelto deliberatamente la strada della delegittimazione e della falsificazione dei contenuti della riforma rifiutandosi di scrivere assieme alla CdL la modifica della seconda parte della Costituzione, nonostante la scelta della forma di governo del premier, cioè del modello gradito all’opposizione. Infatti il centrosinistra si è opposto e si oppone alla riforma a prescindere dal suo contenuto, per la natura del suo proponente: la Casa delle Libertà, costituita da forze che non hanno scritto la Carta del 1948, che non hanno fatto parte dell’ “arco costituzionale” e alla quale, pertanto, non intende riconoscere il diritto a modificare la Costituzione.

Non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi dei componenti nella seconda lettura da parte della Camera e del Senato, la riforma sarà sottoposta al giudizio dei cittadini attraverso il referendum confermativo, ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione.

In quella occasione i cittadini italiani dovranno assumere una decisione di straordinaria importanza. Bocciare la riforma e tenersi per molto tempo ancora la vecchia Carta del 1948, non più adeguata ad affrontare che le grandi sfide che i tempi ci impongono, conservando l’ “assurdo e ingombrante” bicameralismo paritario e rinunciando a correggere i gravissimi difetti della modifica del titolo V del 2001, oppure approvare la riforma consentendo al prossimo Parlamento di correggere i suoi limiti e incongruenze, eventualmente anticipando alcuni aspetti, in particolare le norme sulla forma di governo volte a dare stabilità all'esecutivo.

Una decisione molto difficile che non sarà certo favorita dai falsi e assordanti slogan che finora hanno accompagnato l’esame parlamentare della riforma e quasi certamente caratterizzeranno anche la campagna elettorale. Il rischio più grande, insomma, è quello che venga ancora una volta sprecata una grande occasione di riforma e di modernizzazione delle istituzioni di cui il Paese ha fortemente bisogno.

Modernizzazione che ha sempre costituito la missione principale della CdL e sulla quale, pertanto, il centrodestra gioca la sua più grande sfida: quella di fondare una nuova legittimità costituzionale e, con essa, la propria stessa legittimità.
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Messaggioda Cunny Funt il lun giu 05, 2006 10:50 am

copyright Forza Italia







Relatore della riforma:
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Ultima modifica di Cunny Funt il lun giu 05, 2006 10:53 am, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda The Shield il lun giu 05, 2006 10:53 am

Cunny Funt ha scritto:copyright Forza Italia

Relatore della riforma:
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è proprio questo l' approccio giusto...
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Messaggioda liam4ever il lun giu 05, 2006 10:57 am

ho visto in televisione calderoli ke diceva di votare SI'..

bene.. io quindi voterò NO!! :lol:
IVAN CORDOBA, PIPPA CON GLI ULTRAS.. IVAN CORDOBA, C'HA LA BAMBA BUONA!!

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Messaggioda johnlord il lun giu 05, 2006 11:02 am

Secondo me è sbagliato far passare interpretazioni personali come dati di fatto ( mi riferisco soprattutto alla parte "in pillole").

Comunque visto che lo fai tu lo faccio pure io:

NO ad una riforma portata avanti da un partito razzista, xenofobo, intollerante e secessionista.

NO alla riforma il cui relatore sparge urina di maiale sul terreno dove dovrebbe essere costruita una moschea

NO allo smantellamento della Costituzione Repubblicana.


Comunque puoi anche dirlo che lo hai preso da forzaitalia.it, sennò qualcuno potrebbe pensare che tutte quelle riflessioni profonde siano scaturite dal tuo libero pensiero e dal tuo spirito critico.
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Messaggioda Alex il lun giu 05, 2006 11:07 am

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Messaggioda Cunny Funt il lun giu 05, 2006 11:17 am

johnlord ha scritto:Secondo me è sbagliato far passare interpretazioni personali come dati di fatto ( mi riferisco soprattutto alla parte "in pillole").

Comunque visto che lo fai tu lo faccio pure io:

NO ad una riforma portata avanti da un partito razzista, xenofobo, intollerante e secessionista.

NO alla riforma il cui relatore sparge urina di maiale sul terreno dove dovrebbe essere costruita una moschea

NO allo smantellamento della Costituzione Repubblicana.


NO ad una riforma che renderebbe le opportunità scolastiche, sanitarie e sociali ancora più sbilanciate fra nord ricco e sud arretrato, attraverso lo smantellamento della solidarietà fiscale e il calpestamento dell'unità italiana.

NO ad una riforma appoggiata da partiti (non la Lega ovviamente) che pur non credendo in essa, la promuovono con uno spirito puramente strumentale per generare instabilità politica e per rappezzare la propria coalizione malandata, infischiandosene della gravità di una riforma che stravolgerebbe la costituzione repubblicana.
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Messaggioda gius il lun giu 05, 2006 11:41 am

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