Zaccheroni, il primo maestro italiano «Sembra Ronaldo, delizierà Milano»
«Lo chiamavo Olivia: le sue gambette magre mi ricordavano la compagna di Braccio di Ferro»
Alberto Zaccheroni, lei (a Udine) è stato il primo allenatore italiano di Marcio Amoroso. Sorpreso per il suo ritorno? «Fortemente sorpreso. Credevo che, dopo avere giocato in Italia, Germania e Spagna, la sua decisione di rientrare in Brasile fosse definitiva. Però mi stupiva che un talento del genere avesse mollato l’Europa».
Forse il talento si era un po’ annacquato.
«Io lo ricordo come un grandissimo giocatore. Però poi non l’ho più seguito. La sua arma migliore è senz’altro la capacità di abbinare l’enorme tecnica a una velocità inusuale. In questo, a mio parere, è secondo solo a Ronaldinho».
Addirittura.
«Qui siamo ai livelli di Ronaldo. Ronaldo è più potente, lui più agile. Dopo due passi di corsa, non lo prendi più. Dentro di me lo chiamavo Olivia. Non gliel’ho mai detto, ma nel modo di correre, con due polpacci che sembrano stuzzicadenti, ricorda la donna di Braccio di Ferro».
Lei ha allenato anche Shevchenko.
«Quando ero al Milan mi sarebbe piaciuto mettere Amoroso a sinistra e Sheva a destra di Bierhoff. Sarebbe stato un attacco da 60 gol in tre. Purtroppo Marcio non siamo riusciti ad acquistarlo. Per quel Milan costava troppo, 35 milioni di euro. Lo prese il Parma».
Come colloca Amoroso nell’attacco del Milan di Ancelotti?
«Il Milan aveva tre prime punte: Gilardino, Inzaghi e Vieri. Di attaccanti abili ad entrare in area dall’esterno c’era solo Sheva. Ora il reparto mi sembra più equilibrato: ci sono due prime punte e due punte esterne. Le cose migliori Amoroso le fa quando parte largo, non spalle alla porta. Ha la tecnica del trequartista e la velocità di esecuzione dell’attaccante».
Un marziano.
«Ai miei tempi voleva giocare da trequartista, dove oggi gioca Kaká. Per fargli cambiare idea fui costretto ad usare le maniere forti, minacciando di spedirlo in tribuna. Conoscendolo, credo che ancora oggi sia convinto che il suo ruolo sia quello. Spero solo che abbia capito. In fondo è stato capocannoniere in Italia e in Germania».
Rischi di questo ritorno al futuro?
«Se saprà calarsi nel nuovo ruolo, di sicuro Milano si innamorerà di lui. Delizierà i tifosi. Però dovrà essere così bravo da rendersi conto di dover convivere con gli altri. Non si dovrà deprimere. Ai miei tempi lo condizionava il carattere: o sorrideva oppure era ombroso».
Lei ha allenato pure Vieri.
«Probabilmente Vieri non è più quello di un tempo e del resto io sono stato il primo a preferirgli Adriano. Però oggi sono anche il primo a riconoscere che quello visto al Milan non era Vieri. Com’è possibile che uno come lui, che vedeva sempre la porta, rischiasse di rompersi l’osso del collo dopo uno stop e un tiro?».
Situazione imbarazzante.
«Non era sereno. Probabilmente, non essendo abituato ad essere messo in discussione, pativa questo stato di cose. Ecco perché credo che abbia fatto bene a scegliere Monaco. Lì c’è meno pressione, potrà tornare decisivo».