"Presidente, un passo indietro"
Lettera aperta di Boban al presidente con cui ha vinto tutto: "Nel Milan c'è disagio per le sue uscite tecniche: Ancelotti e l'ambiente rossonero ha un grande bisogno di serenità "
Berlusconi, 68, insieme ad Ancelotti, 46. ArchivioMILANO, 19 agosto 2005 - Caro presidente Berlusconi, qualcuno mi ha sconsigliato di farlo, e a esser sincero ci ho riflettuto su. Ma è da tempo che nel subconscio so che lo devo fare. Anche per ragioni di cuore. Le motivazioni di quelli che mi dicono "ci rimarrà male" le vivo come un’offesa alla persona a cui voglio tanto bene. Cioè, a lei caro presidente Berlusconi. Forse ora si chiederà perché non l’ho chiamata. La risposta è: non mi pareva giusto. Entrambi, rapporti personali a parte, viviamo la nostra vita — professionale e non — sotto esame dell’opinione pubblica. Lei sa bene quanto la rispetti; forse sono presuntuoso se penso che la stima è ricambiata. Una sensazione della quale vado fiero fin dai tempi di Milanello.
Non perché lei è (o era) presidente del Milan e primo ministro (anche se le sue parole pubbliche di stima erano un inno al mio ego), ma soprattutto perché nel decennio milanista ho conosciuto Silvio Berlusconi, un signore. Sarebbe banale parlare del presidente che ha fatto del Milan un marchio sinonimo di fama mondiale per risultati, organizzazione e stile. È facile parlare del "cavaliere" che arrivando a Milanello faceva sempre impressione, portando tranquillità , sicurezza nei propri mezzi e motivazioni forti, al punto che non vedevamo l’ora di giocarcela.
Ho avuto il privilegio di dialogare con lei tantissime volte. Per fortuna non chiamava all’alba come l’indimenticabile Gianni Agnelli, altrimenti chissà come finivo... Lei mi diceva sempre, anche quando volevo andar via: "Per fare grandi cose devi pensare in grande. Tu hai la stoffa per farlo". Da uno come lei, che nella vita lo ha dimostrato, faceva sempre effetto sentirselo dire. E restavo, per fortuna mia. L’emozione più forte risale all’agosto 2002. Io giocavo nel Celta Vigo, lei era in ferie nei mari lontani, quando Galliani e Braida mi hanno chiamato al Trofeo Berlusconi. Volevano che facessi il giro di campo per l’ultimo saluto da giocatore ai tifosi. Non me l’aspettavo anche perché prima di allora l’unico ad avere questo privilegio era stato l’ancora più unico Marco Van Basten. Chi poteva immaginare che lei per questo motivo interrompesse le vacanze?
Quando prima della partita l’ho vista davanti agli spogliatoi, quando per prima cosa mi ha rimproverato di come ero vestito per l’occasione, ho provato l’immensa felicità di essere uno della famiglia rossonera. Per sempre. Lo dico senza affanno, anche ora che faccio l’opinionista. Ma non ho nulla da rimproverarmi, al contrario. Essere stato chiamato da questa prestigiosa testata a dividere i miei pensieri tecnici con lettori che, sì, amano vari colori, però hanno una fede — il calcio — vuol dire che c’è fiducia nell’equilibrio delle mie opinioni, senza pregiudizi verso il mio passato milanista. E’ qui, presidente, che voglio dividere le mie paure con lei, come ai vecchi tempi di Milanello.
Lei che sapeva pilotare il gruppo verso i vertici mondiali. Ho l’impressione da tempo che lei abbia bisogno di sentirselo dire e la capisco. Perché le vittorie del Milan di Berlusconi da un pezzo non fanno più notizia. E’ diventato normale anche se tutti nel mondo del calcio sanno quanto è difficile. Non mi sta bene quando, per ragioni extracalcistiche, vogliono ridimensionare tutto quello che lei ha fatto nel calcio e per il calcio. Certo, vincere vuol dire perdere simpatie. E non può farci niente presidente, il mondo gira così.
Mi fa male, però, leggere le sempre più frequenti ironie sulle sue uscite tecniche e sui rimproveri agli allenatori. E non perché lei abbia ragione o meno, ma perché è proprio lei che comincia a fornire pane per i denti a quelli che non vedono l’ora di sminuire la storia vincente del Milan, ossia di Berlusconi. Posso solo presumere il perché dell’amarezza che le si legge in viso. Forse è lì che nasce la smisurata voglia di affermare in pubblico la propria credibilità calcistica.
Sinceramente, adesso mi pare, anzi no, sono sicuro, che lei cominci a portare disagio all’interno dell’ambiente Milan, e questo sì che è un fatto clamoroso. Con queste uscite pubbliche sul tecnico, sui moduli a una o due punte, con questo suo andare negli spogliatoi a ridimensionare il ruolo dell’allenatore nel peggior modo, davanti ai giocatori, si crea un’ambiguità che porta male. E’ un grande stress anche perché l’ambiente Milan non era abituato a lavorare in questa maniera. Lei che portava sempre conforto e motivazioni con questo comportamento fa il gioco degli avversari, suoi e del Milan.
Per 20 anni ci ha insegnato a gestire tutti i problemi in famiglia, uscendone sempre più forte. Presidente, ritorni a fare il padre del Milan. Che prende anche le decisioni più difficili se le ritiene opportune per il bene della famiglia. Nel caso contrario deve dare, e lei lo sapeva sempre fare, serenità . Ancelotti, i giocatori, tutto l’ambiente rossonero ne hanno un grande bisogno. Come lei, presidente.
diZvonimir Boban
fonte gazzetta.it
povero Silvio
