«Questo è razzismo, me ne vado da qui»
ANZOLA DELL’EMILIA (Bologna) — «Basta con questa storia che i marocchini fanno solo cose brutte. Io non penserei mai che gli italiani sono tutti uguali. E invece molti italiani pensano che i musulmani sono tutti gli stessi. I marocchini peggio di tutti. Violentano, rapinano, spacciano. Tutti uguali. Cos’è questo se non è razzismo?».
Mehdi è così arrabbiato che è sul punto di piangere. «Lo so che molti anche qui, dove mi conoscono, dove sanno che non ho mai fatto niente di male, hanno creduto lo stesso a quella ragazzina. Nemmeno un dubbio. Non hanno aspettato neanche un giorno per organizzare una fiaccolata. E io? Adesso sono io la vittima. Perché la manifestazione non si fa per me, per la mia comunità ?».
Mehdi accartoccia il foglio che l’amministrazione comunale di Anzola ha diffuso ieri. Il titolo è: «Non accertata la violenza al Parco Fantazzini». Poche righe sulla fiaccolata annullata e un finale di «solidarietà a chiunque fosse stato coinvolto ingiustamente nella vicenda». Ma lui si aspettava un po’ di più. Da tutti. Compresi alcuni «fratelli musulmani» che la sera del suo arresto non hanno osato difenderlo. Davanti al vecchio garage sgarrupato che qualcuno si ostina a chiamare «moschea » c’è stato chi si è spinto a dire che «quel ragazzo non si èmai comportato da buon musulmano. Del resto non viene mai qui a pregare...». «E allora?» si chiede lui più indignato di prima. «Che significa? Io sono una persona buona e tranquilla, dico sempre la verità . Non serve andare in moschea per essere un buon musulmano, quei pezzi di m...».
Suo padre gli lancia un’occhiataccia e lui si ferma. «Scusa per la parolaccia, papà ». «È un ragazzo...» lo giustifica il padre, metalmeccanico, in Italia da 16 anni e «mai nemmeno un piccolo litigio con un vicino». Il «ragazzo» ha 21 anni, confeziona pane ma sogna di fare l’elettricista e di vivere tranquillo, «magari lontano da qui, a Bologna». Non tutti, chiaro, perché «nemmeno dopo questa storia penso che uno vale l’altro».
Il maresciallo, per esempio. «È stato il più bravo di tutti. Mi diceva: "Io ti credo ma la ragazzina dice che sei stato tu e noi dobbiamo fare il nostro lavoro". I carabinieri mi hanno trattato benissimo. Loro mi conoscono». Mehdi è stato a lungo il ragazzo delle pizze, quello che le consegnava anche in caserma. Ma in un paesino come Anzola basta rimanerci una settimana perché tutti (carabinieri per primi, ovviamente) sappiano tutto di te, perché capiscano se sei un ragazzo che fila dritto oppure no.
E Mehdi finora non si è mai cacciato nei guai. «Eppure adesso mi sembra che tutti mi guardino un po’ male». Il maresciallo glielo ha detto l’altra notte, sull’uscio: «Se qualcuno ti fa un torto per questa faccenda vieni a dirmelo, mi raccomando». Poi una cioccolata calda, una stretta di mano e il ritorno a casa dove le luci non si erano mai spente perché, dice suo padre, «non si dorme quando un figlio finisce in una storia così ». Avanti-indietro, in quei 6-7 metri quadrati di cucina che ogni giorno diventa anche salotto e camera da letto, a seconda dell’orario. «Io adesso voglio le scuse» pretende Mehdi. «Voglio che quella ragazza venga qui sotto, al bar della piazza, a scusarsi. Sennò la denuncio. Non voglio essere guardato con sospetto».
Lei, la ragazzina che tutti conoscono e chiamano per nome e cognome a dispetto della privacy e della minore età , ieri pomeriggio ha mandato una sua amica da Mehdi a dirgli che le spiace tanto, che si scusa e che però non è solo colpa sua. Sono stati tre compagni di scuola a consigliarla di accusare quel marocchino. «Quello con la t-shirt nera di Dolce & Gabbana». La maglietta adesso è appallottolata in un angolo del sottoscala, «non la metterò mai più» giura Mehdi.
Giusi Fasano