da bomber il mar mar 13, 2012 11:32 pm
VENEZIA - I "promo" della fiction non gli sono piaciuti. «Le poche frasi pronunciate da "Faccia d'angelo" sono lontane anni luce da quello vero». E siccome quello vero è lui, bisogna credergli. Felice Maniero, 57 anni di Campolongo Maggiore (Venezia), non è tenero con il film che va in onda lunedì su Sky e che celebra le sue gesta di grande gangster.
«Non è così che si comporta un malavitoso, non come si vede nei promo della fiction. Una misera fiction per fare cassetta, che ha stravolto la verità e il senso del libro al quale si è ispirata». Ma gli strali di Felice Maniero, il capo della banda del Brenta, l’unica del Nord Italia ad essere stata condannata per associazione a delinquere di stampo mafioso, non sono rivolti al film che racconta la sua vita quanto al messaggio che veicola.
«Non voglio che i giovani siano affascinati dalla delinquenza». E quindi non gli va giù che si facciano film "positivi" sui delinquenti. Questo contesta Faccia d’angelo e cioè una lettura accattivante e allo stesso tempo "macchiettistica" della vita di Felice Maniero, che invece, giura Maniero, è fatta quasi esclusivamente di ombre, altro che le luci della ribalta. Il fastidio è acuito dal fatto che Felice Maniero da un lato si ostina a chiedere l’oblio: «Quand’è che verrò lasciato in pace?», dall’altro è convinto di dover diventare messaggero di speranza quanto lo è stato di morte.
Vorrebbe convincere i giovani che si lasciano sedurre dalla malavita, ad uno ad uno, a scegliersi una vita di lavoro e di sacrifici, più gratificante della sua. «Comandavo più di trecento persone e l’unico che ha veramente guadagnato soldi sono stato io. Tutti gli altri sono in galera, vecchi, distrutti, disperati».
Proprio per questo, dunque, andava raccontata la saga di Faccia d’angelo, no? «Ma non per affascinare i giovani. Questo mi dà fastidio e cioè che passi un messaggio che incoraggia a imboccare la cattiva strada. La delinquenza è una trappola infernale e lo dico io che apparentemente sono uno di quelli che se l’è cavata. Ma non è così. La delinquenza distrugge la vita, la tua e quella degli altri. I giovani lo devono sapere e non mi va che invece con questi film la criminalità diventi "fascino".
L’ho già detto nell’intervista che ho rilasciato l’anno scorso al Messaggero di Sant’Antonio, un giornale che non ho scelto a caso. Ribadisco per filo e per segno quel che ho detto in quell’intervista. E spero che fosse chiaro, ma se non lo è, lo ridico adesso, che il mio è un messaggio duro, di condanna e di avvertimento alle giovani generazioni. Oggi più di ogni altra cosa cancellerei il momento in cui ho voluto diventare un boss. Ragazzi non credete ai miti costruiti dalle cronache nere o celebrati nei vostri quartieri. Lo dico soprattutto ai ragazzi del Sud: finirete per essere burattini nelle mani dei boss, utilizzati solo per i loro tornaconti. E non diventerete mai ricchi. Il 95 per cento dei detenuti in Italia oltre a non potersi acquistare nemmeno un dentifricio, ha gettato mogli e figli nella disperazione più totale.»
Maniero parla di vita distrutta e di dolore infinito e chi lo conosce sa che è sincero. E dunque le rapine da film, il potere di disporre della vita di 300 uomini che obbediscono ciecamente a qualsiasi comando, i soldi e le donne sono per l’appunto cose da film. La vita ai margini della società , che non rispetta le leggi e le regole, è una trappola dalla quale non si esce se non da morti - vuol dire Maniero. Il crimine non paga mai, nemmeno nel suo caso che pure sembra la prova vivente del contrario. La parte sbagliata resta sbagliata e non sarà un film che cambia la realtà .
In poche parole è un film del cazzo