E' bello essere Mods!

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E' bello essere Mods!

Messaggioda Rock and Roll Star '82 il ven ott 08, 2004 9:25 am

“Vivere al meglio e con stile nelle circostanze difficili”. Questo è l’aforisma che definisce l’essere mod scritto sulla copertina del disco “Quadrophenia” pubblicato dagli Who nel 1973, l’opera rock che racconta le vicende di Jimmy, un adolescente mod, diventata poi l’eccellente film omonimo di Franc Roddam nel 1979, dando il via al primo vero e proprio “revival” del Modernismo, rafforzata dal fiorire di complessi mod di alta qualità musicale ,come Jam, Secret Affair, Chords e Lambrettas e dal successo internazionale dello ska 2Tone con i strepitosi Madness, Specials, Selecter e Bad Manners, proprio in quel periodo fine anni’70.

Trovare un aforisma è però impresa ardua e limitativa. L’essere mod esula dallo spazio temporale, dalle dinamiche sociologiche, dalle limitazioni politiche, dall’estemporaneità della moda, dal fanatismo astratto di alcuni intendimenti religiosi. Il modo di vivere mod, si affermò in Inghilterra, verso l’inizio degli anni ’60. Inghilterra, in quel periodo (e spesso anche in altri..) ombelico di mondo in evoluzione e progresso, innanzitutto sociale. Prima di proseguire in quella che potrebbe sembrare una cronistoria, però, sarà bene specificare che motivazioni, necessità e approccio di chi si scopri’ mod allora, sono identiche a quelle attuali, proprio perché l’essere mod è realmente una forma di quotidianità libera dai condizionamenti temporali, decisamente “avanti” sotto ogni aspetto. Ciò premesso e chiarito, torniamo a osservare la realtà urbana londinese dei primi ’60. Il dramma della guerra, le difficoltà del dopoguerra sono ormai superate. La civiltà consumistica inizia ad affermarsi e anche i proletari, salariati in modo sempre discutibile ma regolare, possono permettersi di vivere “non solo per lavorare”. Come spesso e volentieri capita, sono i giovani ad assumere una vera e propria coscienza, che da “coscienza di classe” nei Mods, diventa “coscienza di individuo” si’ proletario, ma che smette di accontentarsi di ipotesi rivoluzionarie ma che si accorge che si può essere, anzi si deve essere i propri e unici padroni dell’ “io”, l’individuo, la persona che vale, che non è un numero, un pezzettino di quella massa che permette al sistema di far girare perfettamente il meccanismo “produci-compra-consuma e poi muori”. Essere qualcuno per quello che si è e non per quello che si ha. Ecco un’altra frase che potrebbe fungere da “aforisma” per il Modernismo. Niente di filosoficamente sofisticato, semplicemente lavorare per vivere e non vivere per lavorare. Nessuna crociata demagogica contro ignobili discriminazioni d’ogni tipo, semplicemente vivere fianco a fianco con persone d’ogni colore, acquisendo preziosi insegnamenti, tratti estetici, culturali e storici gli uni dagli altri. Non c’era nessuna differenza nelle esigenze sociali tra i giovani immigrati giamaicani e gli operai e i figli degli operai dei sobborghi londinesi. Cosi’ come non ci sono differenze adesso tra la medesima tipologia di persone in ogni quartiere urbano di qualsiasi metropoli del mondo al giorno d’oggi. C’era il Modern Jazz che arrivava dagli afroamericani, ritmo, armonie e melodie diverse dal saturo rock’n’roll imbrillantinato, il suono della cultura nera catturava il cuore dei giovani metropolitani londinesi, anzi l’anima (il “soul” ) e a nessuno di loro interessava potersi comprare una Harley per migliaia di sterline, o vestiti firmati come i “baronetti” della city. Bianchi e neri, avevano preso la loro “coscienza” di individui Modernisti. I Mods. Il nome Modernits (abbreviato diventa Mods, appunto) definerebbe “coloro che ascoltano il jazz Modern”, in realtà il doppio significato dell’essere Modernisti ha permesso di poter definire tutti quelli che si identificano in questo Movimento anche ai giorni nostri. E se i neri davano ritmo ed emozioni con il Soul e il R&B, dall’Europa, soprattutto dall’Italia, arrivano proposte di “estetica” fuori dalle mode, ma incredibilmente stilose e originali, con vestiti di taglio preciso, attillato, revers alti e contenuti, tre bottoni, spacchetti laterali, mocassini lisci e lucidi, camicie sgargianti, cravatte strette o dolcevita; capelli corti, curati, magari simili al taglio di Mastroianni; anche dall’Inghiltera si attinge all’abbigliamento, le scarpe “desert-boots” della Clark, più o meno alte; le “zoot-suit” a strisce verticali lanciate dagli Who; le polo e i maglioncini di Fred Perry, tennista ebreo che aveva deciso di creare una sua linea d’abbigliamento senza pretese d’alta moda, subito apprezzata e indossata dai Mods; anche le t-shirts e le felpe della Lonsdale, altra linea d’abbigliamento creata da quel mecenate (il sig.Lonsdale, appunto) che dava modo ai ragazzi giamaicani di praticare gratuitamente pugilato nelle proprie palestre, togliendoli alle strade e alle deviazioni malavitose; dall’America arrivavano i jeans Levis, decisamente più economici e più eleganti dei Roy Rogers tanto apprezzati dai filgi di Papà vestiti in pelle che si ispiravano agli statunitensi Teddy Boys e poi il parka, indumento simbolo dei Mods. Eskimo dei Marines americani, venne adottato perché reperibile con estrema facilità nei mercati dell’usato a Camden o a Portobello, particolarmente adatto per proteggere i vestiti indossati sotto, durante i viaggi in scooter o durante le risse. Il parka non fu certo scelto per simpatie militaristiche o filo-americane, anzi, l’essenza del Mod è da sempre contro l’autoritarismo e le divise in genere, prova ne siano le storiche cariche ai “bobbies” sulle spiagge di Hastings, Clacton e Brighton.Le donne avevano un’immagine molto caratterizzata, capelli corti, tagli androgini o caschetto alla Cleopatra. Giacchette maschili e “sky-pants”, oppure gonne lunghe sul ginocchio o appena sotto. All’inizio il trucco era limitato all’eye-liner ma con la fine degli anni sessanta, diventa più pesante, i capelli si allungano un po’ sulle spalle e qualcuna indossa anche gli stivali. Quale era e qual è il mezzo di trasporto più economico, resistente e pulito, funzionale e affidabile, stiloso e personalizzabile? Lo scooter! Era ancora l’Italia a fornire la risposta per la necessità dei Mods, con scooter fantastici e inimitabili quali la Lambretta e la Vespa. Spendendo poco, lavorandoci di persona, ogni Mods se li personalizza ora come allora, con accessori cromati, specchietti, fanali e particolari ricercati. Il pensiero, l’azione, l’attitudine e l’estetica mod è ricerca quasi maniacale della precisione, proprio perché non esistono trattati, scritti o regolamenti a cui far riferimento. La concretezza, la credibilità, l’inossidabilità temporale, la capacità di evoluzione e adattamento e la bellezza del Modernismo sta proprio nel fattore primario: la spontaneità e la fisiologicità. Un mod nella metropoli come un fiore nel cemento. Non se ne vedono molti, ma li si nota maggiormente, stupiscono perché hanno le radici aggrappate chissà dove eppure colori bellissimi, freschezza e resistenza che nessun fiore di serra può avere. I fiori nel cemento sembrano voler esprimere “fierezza”, a differenza di qualsiasi altro fiore e chiunque è obbligato a notarlo e nessuno ha il coraggio di coglierlo, perché incute troppo rispetto. Liberi come i fiori nel cementi, i Mods li trovi nei luoghi, nei borghi e nelle situazioni più disparate. I Mods, la coscienza di giovani che decidono che se non si può cambiare il “sistema secolare”, possono però cambiare loro stessi, in meglio, spontanei e liberi, capaci di cercare e proporre il meglio in ogni cosa ideologica o estetica, rincorrendo originalità e perfezione senza “direttive” consumistiche, assolutamente individui e assolutamente legati l’uno all’altro; un forte senso d’appartenenza guidato da un modo di vivere cosi’ articolato e cosi’ semplice, scritto o creato da nessuno, conosciuto e condiviso da tutti, tutti i Mods appunto. .Il Movimento Mod è il primo Movimento creato da giovani provenienti da etnie d’ogni parte della terra, senza alcuna caratterizzazione politica, ma con una forte e vera connotazione sociale, la totale assenza di razzismo e pregiudizi razziali, il mod non è “anti-razzista”, è di più: “non è” razzista! I Mods non hanno paura di essere travisati se adottano nei loro tratti estetici e simbologie la bandiera del proprio paese, vedi gli Who fin dall’inizio che indossavano giacche con l’Union Jack disegnata sopra, o avvolti in una bandiera usata come lenzuolo per dormirci sotto.

Mod non si nasce né si diventa, si scopre di esserlo.

I primi a scoprirlo furono in Inghilterra 40 anni fa e oggi come allora, in ogni parte del mondo c’è chi si scopre mod.

In 40 anni il patrimonio culturale, storico, ideologico ed estetico dei Mods si è, ovviamente, arricchito. E se per cercare di far capire cosa significa la vita mod non bisognava fare assolutamente una cronistoria, anzi evitarla accuratamente, per conoscere nel dettaglio vestiti, artisti, locali e avvenimenti mod, la cronistoria diventa sensata e “tollerabile”.

Dopo aver ascoltato i maestri del R&B nero e del Jazz, alcuni giovani inglesi negli anni’60, decisero di suonare loro stesso musica presa da quelle sonorità. Nacquero gli High-Numbers, diventati poi Who, gli Small Faces, gli Action e i Creation. Gruppi di notevole tecnica, dediti a cover di classici della black-music ma anche di brani di propria composizione e “My Generation” degli Who è il primo inno generazionale per i Mods, non solo per la musica, ma anche per il testo, dove la frase “Spero di morire prima di diventare vecchio” la dice lunga sullo spirito d’approccio della vita mod.

Come spesso e volentieri capita, il consumismo cerca di appropriarsi (e almeno in parte, ci riesce sempre) di proposte apprezzate dai giovani e intorno al 1963, i Mods erano diventati un fenomeno di moda, i veri Mods avevano già preso le distanze dai “modaioli” quando giornali dedicavano pagine agli scontri con i Rockers a Brighton, ai negozi di Carnaby Street e la Tv di Stato inglese trasmetteva ogni venerdi’ il programma “A Ready Steady Go!”. Come tutte le mode, passò velocemente e furono i veri Mods a rimanere, finalmente senza l’attenzione dei mass-media puntata alla schiena come una pistola. I Raduni Mod proseguivano, anche se non con le decine di migliaia di partecipanti come avveniva solo qualche anno prima, ma con individui realmente mod, legati non solo dalla voglia di sopraffare i figli di Papa, trasandati e razzisti chiamati Rockers, ma anche stare insieme, confrontare esperienze quotidiane e divertimento nel ballare musica speciale e viaggiare in gruppo sugli scooters. Dal Sud dell’Inghilterra, gli eventi Mod iniziarono a spostarsi al Nord, soprattutto a Manchester e a Wigan. Il genere musicale più ballato diventava il soul delle etichette indipendenti americane, interpretato da voci fantastiche come quella di Jackie Wilson o gli O’Jays, quel Soul viene definito “Northern Soul” perché suonato da djs nel Nord dell’Inghiltera, appunto. Alcuni djs partivano per gli USA per andare a recuperare nastri abbandonati nei magazzini delle label d’oltreoceano per scoprire artisti e canzoni da proporre al pubblico e da riversare su dischi che oggi come allora riempiono gli scaffali dei collezionisti e le piste di ballerini. Verso i primi anni '70 si affermava il nuovo tipo di avvenimento: l’allnighter, dalle 20 alle 8 del mattino ininterrottamente, si ballava soul, con vari djs che si avvicendavano alla consolle, insomma, gli attuali “rave” erano già esperienza normale per i Mods, seppur con musica diversa. In questi anni, oltre il soul, anche il calypso, il rocksteady e lo ska caratterizzavano gli ascolti e le danze dei Mods, con artisti come Skatalites, Toots & the Maytals, Prince Buster, Desmond Dekker, Ethiopians o Laurel Aitken. Grazie alla passione per questi generi musicali, il Movimento prosegui’ intaccato il proprio cammino fino al momento del primo e proprio vero “revival” quello sopracitato, partito verso la fine degli anni’70, in parallelo al punk, parecchi giovani scoprirono che una rivolta urbana con storia e credibilità più efficienti c’era già da anni, la rivolta Mod. Con il film “Quadrophenia” il Modernismo approdò in tutto il mondo e con esso gruppi strepitosi come i Jam di Paul Weller o i Secret Affair di Ian Page. I Raduni tornarono improvvisamente a essere frequentati da decine di migliaia di Mods, in Carnaby street riaprivano negozi “per Mods” (quest’ultime operazioni assolutamente disprezzate e ripudiate dai Mods veri), nascevano tantissimi complessi mod che suonavano un genere simile al beat dei’60 ma più elettrico, qualcuno di loro andava in classifica, oltre ai già citati Jam e Secret Affair, spopolavano i Lambrettas, i Chords, I Merton Parkas,i Purple Hearts, I Vapors, I Back To Zero, i Crooks, gli Squire e molti altri. Nel 1979 fu addirittura una trionfale “March of the Mods” con un festival itinerante nelle varie città inglese con i maggiori gruppi della scena. Alcuni djs diventano popolarissimi e richiestissimi: Tony Class, Paul Hallam e Eddie Pillar su tutti.In parallelo, Jerry Dammers creava l’etichetta 2Tone, che si proponeva di realizzare dischi di ska, con gruppi come i suoi Specials, i Selecter e poi i Beat, i Bad Manners, le Bodysnatchers e i Madness conquistavano Europa e America con il loro “Nutty sound”.

Anche la nostra Italia si scopre Mod e i Mods iniziano ad incontrarsi nelle varie città, a Milano in piazza Mercanti, a Roma e dopo anche a Torino in piazza Statuto,a Rimini in piazzale Kennedy e Pordenone alla sala giochi Perseo (questi i luoghi più importanti), nascono le prime pubblicazioni indipendenti moderniste italiane come Faces, Live, Beat Generation, Rabbia Mod e Modern Outlook e i primi gruppi come i milanesi Four By Art e Mads e i romani Underground Arroes, seguiti dai torinesi Statuto, i reggiani Coys, i cosentini Lager e i genovesi Beat Machine. Si organizza il primo Raduno Nazionale Mod a Viareggio nel 1982 e la realtà Modernista italiana si radica fortemente nel tessuto sociale metropolitano. Negli anni’80, i gruppi Mod più importanti inglesi furono i Makin’ Time ( i quali conquistarono la top 20 con l’album “Rhytm and Soul” nel 1987), i Truth, i Nine Below Zero, i Dexys’ Midnight Runners, i Moment, Eleanor Rigby e i Times senza dimenticare gli americani Fleshtones, Mod Fun e Untouchables.

Il secondo revival si ebbe intorno al 1993/94, grazie alla caparbietà modernista di parecchi gruppi della cosiddetta (impropriamente) corrente “brit-pop” come i Blur che indossano i Parka nel videoclip di “For Tomorrow” e chiamano il loro secondo album “Modern Life is Rubbish” giocando sul doppio significato delle parole (come avevano fatto i Jam anni addietro con “All Mod Cons” o “The Modern World”), oppure gli Oasis che presentano un esplosivo primo singolo (“Supersonic”) con Liam in Vespa nel retro di copertina; giocano ancora sul doppio senso i Blur con secondo album “Parklife” e inseriscono nel videoclip del singolo omonimo il protagonista del film Quadrophenia, ovverosia Phil Daniels, presente anche vocalmente in veste di “commentatore “ del brano. Camden si popola di neo-Mods e gruppi come Menswear, Supergrass, Bluetones, Dodgy o i grandi Ocean Colour Scene raggiungono le classifiche di mezzo mondo. Il ModFather del Modernismo, il signor Paul Weller, dopo la fortunata esperienza con gli Style Council, tra il 1983 e il 1989, intraprende una carriera come solista e nel 1995 pubblica un gioiello di album, cioè “Stanley Road”.

Dopo l’ondata brit-pop, il Modernismo in Europa e nel mondo continua a godere di ottima salute con Raduni, serate ed eventi in ogni parte del globo. In Italia si tengono due Raduni l’anno, uno a Pasqua e l’altro a settembre. La scena mod italiana è attiva e viva più che mai, il bollettino informativo MODS! esce regolarmente ogni mese dal 1984, l’organizzazione Mod Italiana DTK compie quest’anno 20 anni, i djs e le serate sono tanti e ovunque, i gruppi si moltiplicano: oltre agli Statuto ecco il Link Quartet che miete successi in Usa, poi Minivip, Subjects,Angela & Piccoli Ketty, Kinky Faces, Blow e Made.

Mod non è un periodo , ma chi è mod lo è per la vita. L’immagine mod permette di distinguersi sempre e di non essere mai ghettizzati e come l’immagine cosi’ il pensiero e l’azione. Combattere il sistema da dentro, senza tagliarsi fuori e farsi emarginare. Una sorta di cavallo di Troia inserito nel sistema, sfruttare il sistema per non esserne sfruttati. Impossibile inquadrare, catalogare o ignorare i Mods. Nello stile la forza, il Movimento Mod si genera e riproduce continuamente ovunque, proprio come i fiori nel cemento. E’ bello essere mod.



di : OSKAR


GRandissimo!!!
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Re: E' bello essere Mods!

Messaggioda Zack il mer nov 19, 2008 3:52 pm

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Re: E' bello essere Mods!

Messaggioda frisk il gio feb 26, 2009 8:25 pm

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Re: E' bello essere Mods!

Messaggioda porzel il dom ago 01, 2010 9:50 pm

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Re: E' bello essere Mods!

Messaggioda 14 il lun ago 02, 2010 7:03 am

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porzel ha scritto:Immagine
admin ha scritto:Sei stato permanentemente bannato da questa board.

iaia ha scritto:zio bubu.

liam4ever ha scritto:con Stankovic arretrato, quanto sei bella nella foto profilo. il Capitano larghissimo, Milito leggermente più indietro ed eto'o accentrato e avvicinato alla porta..
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Re: E' bello essere Mods!

Messaggioda kaa il gio ago 12, 2010 1:24 pm

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