Qualcuno ne aveva parlato ecco l'intervista di Rockstar.it:
«Il nostro obiettivo? Vendere venti milioni di copie del nostro disco e conquistare il mondo»
Mando Diao, ovvero quattro giovani svedesi con le idee chiare e con una faccia tosta che sembra non avere rivali nel panorama rock odierno.
Sorta di riedizione della più classica garage band, i Mando Diao mandano all'avanscoperta come portavoce i singer Gustaf e Bjorn, incalzanti, sicuri anche spocchiosi, come vuole la tradizione di certo pop di matrice anglossassone, quello che dieci anni fa trovò i suo principali alfieri nelle figure dei fratelli Gallagher.
«Gli Oasis rappresentano un modello per noi intramontabile - assicura Gustaf -, la loro è stata una proposta fresca, vera e, soprattutto, di grande successo, testimonianza di come anche oggi con un pugno di canzoni, la giusta energia e il suono delle nostre chitarre sia possibile far breccia sul grande pubblico.
E se il rock oggi sembra arrancare nelle retrovie, forse dipende proprio dai suoi protagonisti - aggiunge l'affilato cantante, che non si fa pregare per fare qualche nome -: i nostri conterranei Hives non mi sembrano tutto questo granché, non credo proprio siano al nostro livello, così come i sopravvalutati Strokes, artificiali fino al midollo e davvero scadenti dal vivo.
I Kings Of Leon, da parte loro, sembrano usciti da qualche frame di “Almost Famousâ€, il film con cui Cameron Crowe raccontava le glorie del rock anni '70.
Sono caricaturali».
Con chi ritrovano allora in sintonia questi discoli discepoli del più rabbioso spirito sixties rivisto con lo sguardo di oggi?
«I White Stripes sono senza dubbio interessanti - si inserisce Bjorn -, anche i Rapture non sono male, e la stessa cosa si può dire degli Hot Hot Heat!; ma i più bravi sono i Libertines.
Peccato che delle musica non sembri fregargliene più di tanto, troppo presi dalle droghe, completamente pazzi, inaffidabili».
Dichiarazioni in controtendenza con il tradizionale spirito del rock'n'roll, quello composto proprio dalla sacra triade sex, drugs & r'n'r.
Cosa deve allora possedere la nostra musica preferita per essere vincente al giorno d'oggi?
«Fare a meno delle sostanze stupefacenti - sibila Gustaf -, che il più delle volte significano carriera e vita corta.
E poi il rock deve essere un argomento necessariamente giovane, creato ed eseguito da ragazzi.
Ho visto di recente un concerto di Bob Dylan e non mi è piaciuto affatto.
Mi sono chiesto se ne valesse la pena, per lui!
Amo Dylan, ma quello degli anni '60, così come gli Stones, ma quelli di trenta anni fa.
Neanche noi crediamo in una carriera dei Mando Diao ventennale, non avrebbe senso.
Cinque anni bastano e avanzano, poi si deve avere il coraggio di fare qualcos'altro, magari sempre in ambito musicale, ma senza nascondersi dietro il nome di un gruppo - conclude sicuro Gustaf -».
Un album, quello dei Mando Diao, intitolato Bring'Em In , quasi un invito ai propri fan, che sembra aver già fatto breccia nei cuori di qualche ammiratore.
Una serie di canzoni giocate tra toni al fulmicotone e tenui momenti di pausa, quattro facce giuste, adatte per una rapida identificazione, un set live al cardiopalma, eppure potrebbe non bastare
«Il talento è basilare, ma non porta da nessuna parte senza una bella dose di fortuna - sostiene il pacato Bjorn -; ma non è finita qui, perché, oltre alla buona sorte, servono molti soldi.
Se, infatti, la casa discografica non investe in maniera adeguata su di te c'è poco da fare… ».
I Mando Diao si apprestano così a conquistare il globo, grazie al loro songwriting e a una sfacciataggine che pare sincera.
Un tour, un dvd e poi, alla fine dell'estate, subito in studio per registrare la seconda puntata della loro avventura.
Ad accompagnarli la loro musica preferita del momento, racchiusa in tre album: «Outkast, fenomenali, Coral e, naturalmente, Mando Diao».
Davide Sechi