La Factory Records, etichetta indipendente della Manchester anni '80... la scena musicale più bella mai esistita
:
FACTORY RECORDS – Una retrospettiva
Per quanti, dopo tutti questi anni, hanno il cuore ancora ebbro dei Joy Division e della Manchester dei primi anni ottanta, Factory è un’epigrafe rassicurante, amabilmente sospesa in una dimensione quasi onirica a mezza strada fra il ricordo e la nostalgia; per altri ascoltatori più distratti, abituati a drizzare le antenne solo di fronte al clamore dei media, forse è semplicemente un’etichetta dance legata alla seconda "summer of love" del 1988, agli Happy Mondays, a strane pillole colorate ed all’esplosione del fenomeno house.
Ma nessuna delle due prospettive rende piena giustizia alla realtà dei fatti: se è innegabile che l’asse Joy Division/New Order tanta parte abbia avuto nello sviluppo della label e purtroppo, come vedremo, anche nella sua fine, sarebbe altresì estremamente riduttivo ricondurre tutto ad un paio di nomi o di situazioni: Factory Records fu un fenomeno dalla portata rivoluzionaria totalmente figlio del proprio tempo, profondamente radicato nella storia e nella realtà giovanile di quegli anni: un innovativo ed ambizioso progetto artistico che intendeva riunire sotto la stessa egida le manifestazioni più disparate della cultura musicale e non dell’epoca, secondo una concezione che oggi definiremmo multimediale: non solo produzioni discografiche quindi, ma anche originalissimi progetti grafici, la concezione del club come imprescindibile punto di contatto e di interscambio fra la label ed il suo pubblico, l’organizzazione di serate a tema, festival e importanti eventi live, la produzione di programmi televisivi…insomma, quanto basta per abbozzare una storia che vale davvero la pena di essere raccontata.
Tutto comincia nel lontano 1976 con "So It Goes", un programma di rock alternativo per la Granada Television di Manchester che, attraverso la partecipazione di affermate band quali Sex Pistols, Magazine o Buzzcocks, diventa in breve un piccolo must per un certo pubblico rock. Tony Wilson, il conduttore, comincia a sentirsi un po’ stretto in quei panni ormai troppo comodi e consunti e decide di ampliare i propri orizzonti: con l’aiuto di un vecchio amico, Alan Erasmus, attore disoccupato, fonda nelle prime settimane del 1978 The Movement of the 24th January, un nome a metà strada tra il Movimento Situazionista Internazionale e la data di nascita del progetto, ed inaugura, dopo un paio di mesi, il Factory Club, con l’intento di promuovere le giovani band mancuniane. Peter Saville, un grafico di belle speranze, si incarica di disegnare i poster pubblicitari delle serate ed inizia così una lunga e feconda collaborazione con Wilson ed Erasmus: sue saranno le più importanti realizzazioni grafiche legate al marchio Factory, alcune delle quali - cito per tutte la cover di "Unknown Pleasures" dei Joy Division - entreranno di diritto nella storia dell’arte rock. Le serate Factory divengono subito un grande successo anche grazie alla partecipazione di band emergenti del calibro di Durutti Column, Cabaret Voltaire e Joy Division, future stelle del firmamento wave, ed i tre soci decidono di festeggiare l’evento con un doppio ep 7", "A Factory Sample", che riunisce i principali artefici della magia di quegli eventi inaugurando, di fatto, le pubblicazioni della neonata Factory Records. Non spetterà però all’ep l’onore di aprirne il catalogo, dopo che Saville pretende e ottiene il n.1 per il suo primo poster pubblicitario: tutto questo per dire che, nel più pazzo catalogo della storia del rock, troveranno numerazione progressiva, oltre alle uscite discografiche, tutti gli eventi in qualche modo collegabili all’etichetta: realizzazioni grafiche, badges, programmi TV, concerti, magliette, campagne pubblicitarie, uffici, locali e chi più ne ha più ne metta: tutto rigorosamente catalogato e numerato…
"A Factory Sample" esce nel gennaio del 1979 ed esaurisce in soli tre mesi la prima tiratura di 5000 copie; la maggior parte dei brani che lo compongono vedono alla cabina di regia Martin Hannett, un giovane produttore già apprezzato per il lavoro svolto con i Buzzcocks che unirà da quel momento le proprie sorti a quelle della Factory e dei propri artisti attraverso una serie di inestimabili lavori. Nel mese di maggio dello stesso anno vede la luce "Unknown Pleasures", album di debutto dei Joy Division e prima uscita pesante dell’etichetta mancuniana, seguito, a brevissima distanza dai singoli di debutto di A Certain Ratio e Orchestral Manoeuvres In The Dark, band, quest’ultima, che, non sentendosi abbastanza tutelata dalla Factory, sceglierà per il prosieguo della sua fortunata carriera le più accoglienti braccia di casa Virgin. In ottobre, poco dopo l’uscita del singolo "Transmission", il manager dei Joy Division, Rob Gretton, entra in pianta stabile nella cabina di controllo della Factory divenendone, a tutti gli effetti, il quinto partner ufficiale.
Nel gennaio del 1980 vede la luce "The Return Of The Durutti Column", il primo lavoro sulla lunga distanza della timida creatura del chitarrista Vini Reilly, che si avvale della produzione di Martin Hannet e di un originalissimo e dannosissimo packaging in carta vetrata (!). Nel mese di aprile il Factory Club riapre dopo sei mesi di inattività per qualche serata prima di venire definitivamente chiuso. Il 18 maggio, all’alba di una tournèe americana da un milione di dollari, Ian Curtis, il cantante dei Joy Division, viene rinvenuto suicida nella propria abitazione: è la fine del gruppo, di cui usciranno, nei mesi successivi, il dolente singolo "Love Will Tear Us Apart", n. 13 nelle charts ufficiali, e l’album "Closer" il quale, più che per la propria straziante bellezza, rimarrà per mesi al centro dell’attenzione a causa delle polemiche suscitate dalla sua funerea copertina, progettata a detta di Saville ben prima del tragico epilogo della vicenda. Dopo l’apertura di filiali estere a Bruxelles e New York, il mese di settembre del 1980 vede la nascita ufficiale dei New Order, in cui i tre Joy Division superstiti vengono affiancati da Gillian Gilbert: il gruppo esordirà nella natia Manchester prima di partire per un breve tour americano; gli A Certain Ratio, intanto, continuano la marcia di avvicinamento al primo album con il 12" "Flight".
Nel febbraio del 1981 esce il singolo di debutto dei New Order, "Ceremony", che sembrerebbe sancire una sorta di continuità con il progetto Joy Division al quale risale la stesura originale del brano; dopo pochi mesi tocca agli A Certain Ratio esordire sulla lunga distanza con l’ottimo "To Each", sorta di incubo metropolitano dalle decise tinte funk, ed ai Section 25, al debutto con "Always Now", il cui debito artistico alle soffocanti atmosfere della band di Ian Curtis è di fatto eccessivamente elevato. Nel mese di giugno, sotto la spinta dei New Order, Factory inizia a pensare all’apertura di un nuovo club, l’Hacienda, la cui progettazione porta ad una brusca rottura con Hannet e Saville, che accusano la label di sperperare nel progetto fondi preziosi, sottraendoli a investimenti più professionali, oltre che alle loro royalties… In autunno, dopo la pubblicazione di Still, doppia retrospettiva sui Joy Division con brani inediti e la registrazione integrale dell’ultimo concerto tenuto dalla band, è la volta di "Movement", album di debutto dei New Order ed ultimo raccordo con la precedente esperienza, e della morbida poesia chitarristica di "LC", seconda uscita a 33 giri dei Durutti Column.
Il 1982 trascorre senza troppe scosse: unica uscita di un certo rilievo l’album "Sextet" degli A Certain Ratio; il 21 maggio viene inaugurata l’Hacienda, il cui bilancio nei primi anni di vita rimarrà comunque ben al di sotto dei risultati previsti.
Nel gennaio del 1983 una traccia abbozzata dai New Order per collaudare una nuova drum-machine si trasforma, forse grazie al bacio di un principe azzurro, in "Blue Monday", 12" da tre milioni e mezzo di copie che scaraventa il complesso nell’olimpo degli dei della dance-music a mille miglia dal ricordo dei Joy Division; seguirà a pochi mesi di distanza il secondo album "Power, Corruption And Lies", il primo dei figli della nuova epoca. In settembre la Factory tiene a battesimo i James, con il singolo di debutto "Folklore", e si gioca buona parte delle sue glorie future quando un giovane complesso che orbita nella sua sfera, non ricevendo abbastanza attenzione dalla label, si accasa presso la Rough Trade per il suo lancio in grande stile. Il suo nome, così anonimo che più anonimo non si può, è The Smiths!
Nell’aprile del 1984 la Factory vorrebbe inaugurare una sezione di musica classica con le incisioni di giovani autori russi, ma il progetto fallisce miseramente quando gli artisti vengono espulsi dal governo di Mrs. Thatcher come presunti agenti del KGB…ci si dovrà accontentare, sul finire dell’anno, di "Without Mercy", nuovo album dei Durutti Column dalle ricercate atmosfere classiche.
Nei primi mesi del 1985 i James, dopo un sofferto ep 7" "James II", firmano per la Sire, che offre loro garanzie e danari di peso maggiore, ma, per fortuna, ad un addio pesante segue un debutto di pari spessore, quello delle future stars Happy Mondays con il 12" "Delightful". Oltre a "Low-Life", nuovo album dei New Order nella solita confezione ad effetto (ormai, purtroppo, comincia a contare più la veste…), rimane da segnalare l’apertura della branch di Sydney e la prima release in CD della label, onore che spetterà ai Durutti Column di "Domo Arigato". Sul finire dell’anno cominceranno a diffondersi, incontrollate, voci di una imminente firma major per i New Order che, per fortuna, non verranno mai confermate dai fatti.
L’anno successivo vede il debutto dei nuovi arrivati The Railway Children con il singolo "A Gentle Sound" e l’organizzazione del Festival Of The Tenth Summer per ricordare i 10 anni dall’avvento del punk con New Order, Smiths, Fall, Pete Shelley e A Certain Ratio; in settembre esce "Brotherhood", quarto album dei New Order, che si avvarrà qualche mese più tardi di una edizione limitata con un incredibile design metallico del solito Peter Saville.
Nell’aprile del 1987 vedono la luce gli abum di debutto di Happy Mondays e Railway Children dai titoli, rispettivamente, di "Squirrel And The G-Man" e "Reunion Wilderness". Qualche mese dopo il singolo "True Faith" dei New Order raggiunge inusitate vette di successo commerciale. Insieme alle foglie gialle però se ne vanno ai primi freddi anche gli A Certain Ratio, che passano alla A. & M., ed i Railway Children, con un tuffo nelle confortanti braccia del colosso Virgin. A dicembre, infine, mentre si discute dell’apertura di un bar che dovrebbe rivestire ruolo analogo a quello dell’Hacienda in ambito club, esce il nuovo album dei Durutti Column "The Guitar And Other Machines".
Il 1988 porta con se un importante anniversario: Factory festeggia le sue dieci candeline e, a dire il vero, lo fa un po’ sottotono, con pubblicazioni di routine confortate dalla splendida raccolta antologica dei Joy Division "Substance 1977/1980", che chiude definitivamente il cerchio intorno ai primi eroi di Manchester. Nel mese di agosto, sulla scia dell’improvviso ed inaspettato boom fatto registrare dalla nascente cultura acid-house, esplode quella che in futuro verrà ricordata come la seconda Summer Of Love; gli Happy Mondays, intanto, lontano dal clamore, stanno ultimando le registrazioni del loro secondo album, che si intitolerà "Bimmed" ed uscirà sul finire dell’anno. Dopo 10 anni di accordi verbali con gli artisti, nel mese di settembre viene siglato il primo contratto ufficiale nella storia della label: onore che spetterà a tal Cath Carroll ed a seguire agli Happy Mondays.
Supportato da una imponente campagna pubblicitaria (sarà la prima volta nella storia della Factory, che fino a quel momento aveva decisamente rifiutato le logiche di mercato), nei primi giorni del 1989 esce "Technique", il nuovo album dei New Order; nonostante una fortunatissima tournee americana le vendite dell’album, largamente inferiori alle aspettative, condurranno la band vicina allo scioglimento. Ne deriveranno diversi progetti solisti fra i quali i Revenge di Peter Hook e, soprattutto, gli Electronic, formati da Bernard Sumner e dall’ex-Smiths Johnny Marr, mentre a scongiurare il pericolo di uno split definitivo ci pensa la federazione calcistica che commissiona ai New Order l’inno ufficiale della nazionale inglese ai mondiali italiani del 1990.
Mentre il culto di Manchester, che diventa Madchester in onore ai folli raves di musica e pillole, concentra sulla città l’attenzione dei media musicali e non, l’anthem dei New Order "World In Motion" schizza direttamente al primo posto delle charts inglesi e, nondimeno, conduce la rappresentativa inglese alle inaspettate semifinali dei campionati del mondo… Il nuovo album degli Happy Mondays "Pills ‘n’ Thrills And Bellyaches", acclamatissimo da stampa e pubblico, diventa intanto il manifesto ufficiale dell’incredibile stagione mancuniana, stagione che non porterà altrettanta fortuna al club di casa Factory, The Hacienda, che si troverà al centro di polemiche e guai giudiziari a causa della morte per overdose di uno dei suoi più sfrontati avventori, rischiando a più riprese periodi di riposo forzato o, addirittura, il definitivo calo della saracinesca.
Nell’aprile del 1991, probabilmente a causa di una lunga e pericolosa frequentazione con le droghe pesanti, giunta improvvisamente ad un punto di non ritorno, se ne va Martin Hannett, mente geniale e responsabile unico del suono Factory fino al divorzio del 1981. Alla sua cabina di regia sono indissolubilmente legati i maggiori capolavori della label e di tanta parte del fenomeno wave: di valore incommensurabile, valga come unico esempio, l’apporto dato ai Joy Division.
Nel settembre dello stesso anno cominciano a diffondersi le prime voci sulle difficoltà finanziarie della Factory, offerte di acquisto da parte di etichette quali Mute, London e Warner Bros. non vengono però prese in considerazione: la label è convinta di potersi risollevare con le proprie forze.
Mentre Gillian Gilbert e Stephen Morris dei New Order debuttano con un inconsistente progetto comune, "The Other Two", ed il mito degli Happy Mondays comincia ad incrinarsi sull’onda delle dichiarazioni violentemente omofobe e razziste rilasciate da due membri della band, Shaun Ryder e Bez, agli increduli giornalisti di Melody Maker e NME, incominciano le lunghissime sedute di registrazione per i nuovi album di New Order e Happy Mondays, dai quali dipenderanno di fatto le sorti della Factory. Nel settembre del 1992, quando finalmente i New Order lasciano gli studi con un esorbitante conto di oltre 400.000 sterline per la registrazione di un album che la label non riuscirà mai a pubblicare, esce "…Yes Please!", nuovo lavoro degli Happy Mondays e colossale insuccesso di vendite: "Sunshine & Love", secondo singolo tratto dall’album, rimarrà l’ultima pubblicazione di casa Factory, l’ultimo tenue respiro prima di annaspare definitivamente in un buco di oltre 2.500.000 sterline.
Finisce mestamente così la storia della più grande etichetta inglese degli anni ottanta, creatrice e custode di uno stile dal valore e dall’influenza inestimabile sull’intera epopea new-wave; la storia di un sodalizio creativo, quello fra Tony Wilson, Martin Hannett e Peter Saville, fra i più perfetti e fecondi della musica moderna alla rottura del quale, probabilmente, inizia il conto alla rovescia per una favola che la mancanza di una happy end non basterà comunque a rovinare.
di Marco Tagliabue, tratto dalla rivista Late For The Sky, n. 54, settembre 2001
http://www.blackdiamondbay.it/articoli/factoryrcs.htm