F.C.Internazionale Milano, Stagione 2006/2007

Per il gioco più bello al mondo molto vicino ai fratelli Gallagher tifosi del Manchester City e per tutti gli altri Sport

Moderatori: silvietta, admin

Messaggioda liam4ever il lun set 04, 2006 10:17 am

OASISMANCHESTER ha scritto:
IV ha scritto:
OASISMANCHESTER ha scritto:Immagine


dopodichè Adriano e Figo hanno tagliato la vostra difesina da serie B :lol:

ma va beh, vi abbiamo lasciato il contentino alla lotteria dei rigori :lol:


Dopodiche la partita fini 2 a 1 ...12 febbraio..
E voi a rosicare,chiudendo le porte degli spogliatoi... :lol: :lol: :lol:


ah xkè dopo la serie B parli ancora dell'ultimo campionato?! :cry:
IVAN CORDOBA, PIPPA CON GLI ULTRAS.. IVAN CORDOBA, C'HA LA BAMBA BUONA!!

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Messaggioda tHeMoD il lun set 04, 2006 10:17 am

Ma perché il calcio è uno sport popolare?? :roll:
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Messaggioda OASISMANCHESTER il lun set 04, 2006 10:21 am

tHeMoD ha scritto:Ma perché il calcio è uno sport popolare?? :roll:
:appl:
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Messaggioda IV il lun set 04, 2006 6:36 pm

io giacinto lo saluto qua...

solo una testa di cazzo potrebbe scriverci ancora in quell'altro topic...
un po' di buon gusto,ragazzi, porca madonna
vabeh, ciao giacinto!

chi mi dice che figura retorica è quella ?
IV
 

Messaggioda Captain Strobe il lun set 04, 2006 6:43 pm

un chiasmo? :roll:
Captain Strobe
 

Messaggioda fedemadferit il lun set 04, 2006 6:56 pm

Giusto!

Era già Sua la storia. Ora siede sul trono dell’Eternità.
Giacinto Facchetti ci ha lasciato troppo velocemente per non confondere, in questi attimi, il dolore e la rabbia, il senso d’ingiustizia e la preghiera. Ci ha lasciato dopo aver giocato, con determinazione e stile, l’ultima partita. Spinto nel campo del dolore da un destino nascosto, improvviso, bastardo. L’atleta, nella testa e non solo nel fisico, nella morale e nei riti di una vita quotidiana all’insegna della lealtà e dello sport, ha lasciato il posto all’uomo di 64 anni sorpreso, colpito, ferito, ma non vinto. Ha stretto i denti, ha combattuto sorretto dall’affetto dei suoi cari, di Massimo Moratti, di tutta l’Inter e di tutti gli interisti, mai abbandonato dal campionato infinito di amici che aveva, che ha, che lascia attoniti, storditi, in Italia e nel mondo. Oggi ci ha lasciati il diciannovesimo presidente della storia dell’Inter, il campione nerazzurro e azzurro indimenticato e indimenticabile, il dirigente italiano stimatissimo in Fifa e Uefa, il marito, il padre, il nonno, l’amico.
Oggi ci ha lasciato Giacinto Facchetti, una persona per bene.
F.C. Internazionale

È successo tutto in un maledettissimo giorno uguale a tanti altri. Un giorno senza segnali, senza avvertimenti, un giorno col cielo al suo posto, e non c’era modo di capire che un attimo dopo, si sarebbe capovolto. Quanto ci mettono a dirti che il tempo ti si è ristretto e non hai più garanzie? Pochissimo.
Per Giacinto Facchetti, quel giorno era stato fino a quel momento normale. Poi è seguito il silenzio. Lo chiedeva lui, anzi lo chiedeva quella famiglia così incredibilmente bella e unita che aveva intorno, con lui faceva un tutt’uno, erano qualcosa di raro, i Facchetti, tutti avremmo voluto una piccola parte in una famiglia così. Adesso, anche a loro, resta questo.
Le immagini di un ragazzo diventato uomo correndo dietro a un pallone, e rimane una grande lezione di vita, perché era un uomo pacato capace di grandi slanci, corretto fino all’inverosimile, per cui nemico acerrimo di tutte le slealtà, fortissimo, integro, figlio della provincia ma abituato a sedersi a qualsiasi tavola.
Era un uomo da re e da operai. Era un amico leggendario. Era un eroe da romanzo, Arpino lo sapeva bene. Un romanzo di vita, di classe, di essenzialità.
La prima cosa che faceva dopo le partite, era chiamare casa, i suoi figli, e Massimo Moratti. Troppe volte, quando qualcuno scompare, di lui si cercano le solo le cose buone.
Il fatto è che di Giacinto Facchetti puoi dire solo quelle, che di cose cattive non ne trovi. Le malattie sono bastarde. Colpiscono a caso, non interessa se uno è stato buono, cattivo, perfido. Se lascia molto amore o poco. Giacinto lascia senz’altro molto amore, e quindi un infinito dolore, dietro di sé. Ma forse è sempre così. Una cosa è la conseguenza dell’altra.
Vengono in mente tante cose. Quando raccontava di suo nonno che aveva l’Unità in tasca, e quando invece parlava del suo oratorio, dove giocava da piccolo. L’attenzione affettuosa, mai abbandonata, con cui si riferiva a Helenio Herrera. I diari del Mago li aveva tenuti lui.
L’amicizia profonda, nata che erano due ragazzi, che lo ha legato a Massimo Moratti. Fino all’ultimo, uno c’è stato per l’altro, e l’altro c’era. Credendo in un miracolo, perchè tutti ci abiamo creduto. Se c’era un uomo che se lo meritava, quello era Giacinto Facchetti. Ed era talmente forte, talmente integro, che a volte il miracolo sembrava arrivare.
La rabbia che lo prendeva quando capiva che ci stavano fregando, e lo facevano da tanto, troppo tempo.
La fretta con cui si alzava da tavola, negli alberghi, se c’era una partita in televisione.
La chiarezza con cui inquadrava caratterialmente un giocatore.
Il suo odio per il fumo, su questo era intransigente.
La gentilezza con cui parlava. La lettera che scrisse alla sorella di George Best, lo scorso anno, in ricordo di un campione diversissimo da lui, ma che aveva sempre stimato.
E la dignità con cui passò oltre la scomparsa della propria sorella, cancro, anche lei, e invece la felicità del suo primo giorno da nonno.
La fermezza che aveva. I suoi occhi, così chiari. L’amicizia che dava e che ci si trovava a dargli. Lunghe ore a parlare, a valutare, a raccontarsi. Storie di calcio e di vita, giorni buoni e cattivi, una tale infinità di giorni insieme da pensare che non sarebbero finiti mai. E poi, mai così. Fino a quel giorno in cui ci ha chiesto silenzio e tutti abbiamo obbedito, stando ad aspettare un miracolo.
Quando le cose finiscono, ti chiedi dove vada a finire tutto questo, se in cielo, in un’altra dimensione o in niente. Certo, ti resta nel cuore. Ma in questo momento, per tanti di noi è un cuore spezzato. È andato a pezzi in un giorno maledettamente uguale a tanti altri. Senza segnali, senza avvertimenti, col cielo che se ne stava come sempre al suo posto.
Si è capovolto all’improvviso.
Di Susanna Wermelinger

LA CARRIERA
Giacinto Facchetti nasce a Treviglio, in provincia di Bergamo, il 18 luglio 1942. Inizia a giocare a calcio nella squadra del suo paese, ma è portato per lo sport in generale, infatti ottiene buoni risultati anche nei campionati giovanili di atletica leggera. Già a sedici anni è un promesso campione del pallone, conteso dall’Atalanta, la società di Bergamo, e dall’Inter che, alla fine, si aggiudica il ragazzo dal fisico poderoso e che, in maglia nerazzurra, diventerà una leggenda.
Facchetti esordisce nel massimo campionato italiano di calcio il 21 maggio 1961 allo stadio “Olimpico” di Roma: l’Inter vince 2-0. La domenica dopo, a Milano contro il Napoli, Facchetti segna il primo dei 59 gol realizzati con la maglia nerazzurra. E’ Helenio Herrera, l’allenatore dell’Inter più forte di sempre, dell’Inter che ha saputo vincere scudetti, Coppe Campioni e Coppe Intercontinentali, che esalta al massimo le qualità di Facchetti: terzino sinistro, sa difendere e attaccare, è talmente bravo in fase offensiva che, alcune volte, viene schierato persino nel ruolo di attaccante.
Facchetti, da calciatore, nell’Inter vince 4 campionati italiani, 2 coppe dei Campioni, 2 coppe Intercontinentali, 1 Coppa Italia. In totale, con la maglia nerazzurra, disputa 476 partite di campionato. Straordinaria anche la sua carriera nella Nazionale italiana: 94 partite, per 70 volte capitano della squadra azzurra, campione d’Europa nel 1968 e vice-campione del Mondo nel 1970 in Messico.
Conclusa la carriera da calciatore, Facchetti intraprende quella da dirigente. Sempre e comunque al fianco dell’Inter, società per la quale ricopre diverse cariche: da vice-presidente a “ambasciatore” nel mondo, da membro del Consiglio d’Amministrazione a direttore tecnico. Il 30 gennaio 2004 Massimo Moratti gli lascia la massima carica: Facchetti è il primo calciatore della storia nerazzurra a essere nominato Presidente. Sotto la sua gestione l’Inter vince uno scudetto, due edizioni della Coppa Italia e due della Supercoppa Italiana.
Da sempre considerato un calciatore simbolo del calcio mondiale, ricopre divese cariche istituzionali anche in Fifa e Uefa insieme con i grandi campioni che hanno scritto la storia dello sport.
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Messaggioda tHeMoD il lun set 04, 2006 6:59 pm

Studiatevi la grammatica.
Un chiasmo è

buon gusto madonna porca
attributo sostantivo sostantivo attributo.

Comunque grande giacinto.
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Messaggioda fedemadferit il lun set 04, 2006 7:01 pm

Dai però non sprofondiamo nello stile LucaOPENSPACES ( http://win.oasisitalia.it/phpbb2/viewtopic.php?t=10526 ) ragazzi... Stop alle figure retoriche...
Ciao Giacinto
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Messaggioda Zack il lun set 04, 2006 7:09 pm

Ricordiamo Il Tothem così
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...e qui si vede tutta l'umanità e la serietà di un VERO UOMO come FACCHETTI
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ciaoGIACINTO
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Album Oasis: Be here now
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Film: The Departed

Messaggioda kaa il lun set 04, 2006 7:13 pm

Morte Giacinto Facchetti: Moratti gli dice addio con una lettera

''Caro Cipe, non sono riuscito a dirti quello che volevo, per paura di farti capire che il tempo era inesorabile e la malattia terribile''. Comincia cosi' l'affettuosa lettera d'addio di Massimo Moratti a Giacinto Facchetti, scomparso oggi all'eta' di 64 anni. ''Scusami -prosegue il patron dell'Inter-, ma credo che ti debba ringraziare soprattutto per la pazienza che hai sempre avuto con me. Per i tuoi occhi che sorridevano, fino alla fine, ai miei entusiasmi o all'ironia con cui cercavo di superare insieme a te momenti difficili. Pochi giorni fa, pochissimi, mi parlavi con un filo di voce - e con l'espressione di chi ti vuole bene - dell'Inter, proiettando il tuo pensiero in un futuro che andava oltre le nostre povere, ignoranti, possibilita' umane. Qualche mese fa ti chiedevo un po' scherzando un po' sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti, e tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace. Fantastico. ''Non ne era capace la tua grande dignita''', scrive ancora Moratti, ''non ne era capace la tua naturale onesta', la sportivita' intatta dal primo giorno che entrasti nell'Inter, con Herrera che ti chiamo' Cipelletti, sbagliandosi, e da allora, tutti noi ti chiamiamo Cipe. Dolce, intelligente, coraggioso, riservato, lontano da ogni reazione volgare. Grazie ancora di aver onorato l'Inter, e con lei tutti noi''.
XXVI V MMXIII
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Quanno ve passa

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Non ci gioco più, non mi piace più..E non fa per noi, non somiglia a noi...Questo calcio degli affari, dirigenti ed impresari...Questo è un grande bluff
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