Ibra si racconta a Sfide: "Tifo Inter da quando scommisi le mie monete"
L'attaccante svedese parla della sua carriera, dalle origini ai giorni nostri
06.07.2009 11.18 di Fabrizio Romano articolo letto 3077 volte
Fonte: Rai
Zlatan Ibrahimovic è stato indubbiamente il re del calciomercato fino a metà giugno, al centro di più intrecci e di complesse trattative, che prbabilmente, in realtà , non sono mai esistite. Adesso che il ritrovo dell'Inter si avvicina sempre di più (10 luglio alla Pinetina), e di conseguenza la sua permanenza in neroazzurro è sempre più scontata, il Genio di Malmoe si concede alla trasmissione di Rai Tre, Sfide, per ripercorrere la sua carriera, proprio come è stato concesso ai più grandi del mondo del calcio. Era un figlio di emigranti, Zlatan, nato da padre bosniaco e madre croata, ma la Svezia, in particolare a Rosengaard, sobborgo di Malmoe, terza città svedese per popolazione; la famiglia Ibrahimovic viveva in un ghetto, ma, spiega Zlatan, "lo chiamano ghetto, ma per quanto mi riguarda non è mai stato così". Difende le sue origini lo svedese, e ricorda anche con piacere la sua prima esperienza, al Balkan, dopo qualche stage con il Malmoe Bi MBI: "Il Balkan mi piaceva, c'erano tanti figli immigrati come me, cileni, jugoslavi, arabi, marocchini. L'allenatore Hsib aveva fiducia in me, era come un padre, a volte mi schierava con i più grandi", precisa Ibra, che poi ricorda con visibile orgoglio la celebre partita contro il Vellinge, dove, entrato nella ripresa, siglò le otto reti della rimonta dal 4-0 ad 8.5: "Credo che il mister mi mise in panchina perchè ero in ritardo, gli feci capire che era una scelta sbagliata. Da bambino ero magro, ma giocavo già come mi vedete oggi, però amavo provare anche altri ruoli, come difensore o portiere". Già , qualcosa in comune evidentemente c'era con l'Ibrahimovic odierno, e spiega lui stesso qual'era la vera somiglianza con il Genio che tutti siamo abituati a conoscere: "Già allora non passavo quasi mai la palla, come capita anche adesso. Non rinnego nulla di ciò che mi ha fatto diventare ciò che sono".
Poi, il salto di qualità a tredici anni: "Papà mi disse di provare in una squadra più grande, e fui preso al Malmoe. In quegli anni ho avuto i miei primi modelli: Gyusmondo Mette, che oggi si trova in Islanda, ed un ragazzo chiamato Gagge. Cercavamo sempre di inventare cose nuove, amavamo lo stile brasiliano. In più, ammiravo dalla prima squadra Trapesky", precisa Zlatan, che però ricorda di non trovarsi granchè al Malmoe per l'assenza di stranieri come lui: "Si, pochi ragazzi stranieri, e sapevo anche che fosse davvero difficile entrarci a giocare, tanto che il primo giorno ero anche un pò nervoso. Una volta, ricordo che battemmo il Malmoe per 10-0 o 12-0 con il Balkan, non è uno scherzo". Dopo aver sottolineato l'ammirazione per il compagno di squadra Tony Flygare ("E' cresciuto presto, segnava tanti gol anche in Nazionale: un tipo alla Bobo Vieri"), e dopo aver ricordato che fu proprio lui a soffiragli il posto, dopo un rigore sbagliato da Flygare che mandò in serie B il Malmoe che decise di puntare su Ibra da quel momento, Zlatan poi rivela un retroscena non da poco: "Ero un pò stanco del calcio, ma al momento di scegliere se proseguire o no, decisi di andare avanti". E dopo la decisione importante, ecco l'Ajax: "Ricordo che giocavo in serie B svedese, quando il ds Haggen mi diceva che interessavo a più squadre, come Ajax e Arsenal, ma i più determinati furono gli olandesi: mi seguirono anche in allenamento, mandano cinque scout e ti prendono solo se piaci a tutti. Il primo fu Yon Sten, poi il tecnico Adriaanse, infine Beenhakker. La trattativa durò una settimana, e mi presero".
Prima di trasferirsi in Olanda, però, il Genio decise di restare altri sei mesi al Malmoe, e lo stesso Ibra spiega il perché: "Qualche compagno era invidioso, qualche altro era sotto shock. Il giorno dopo la cessione, mi accolsero nello spogliatoio con il giornale dove era scritto che ero stato venduto. Io non l'avevo detto a nessuno...", confessa Ibra, che poi in Olanda vivrà un periodo magnifico: "Mi hanno insegnato più cose all'Ajax che in tutti gli altri club. In Italia, Spagna ed Inghilterra cercano il ragazzo già pronto, all'Ajax ti formano con disciplina". Poi, ecco il trasferimento alla Juventus, concluso in un batter d'occhio come spiega Ibra: "La trattativa fu velocissima, firmai all'ultimo giorno di mercato. E' pericoloso restare più di tre anni all'Ajax, se lo fai entri nella loro mentalità . Ti trattano come uno scolaro, alla Juve invece mi sentivo una superstar, con più libertà ". Poi, ecco il boom di Calciopoli: "Mi è dispiaciuto - precisa Ibrahimovic -, giocavo con una squadra di fuoriclasse, gente che ha fatto la storia", ma alla fine finisce per 25 milioni all'Inter: il piccolo "tradimento" ai colori bianconeri è stato dettato dallo scandalo Calciopoli? Lo svedese nega senza mezzi termini: "Tifavo Inter sin da bambino. Perché? Un giorno guardavo il campionato italiano in tv con Flygare ed un altro amico, decidemmo di scommettere qualche moneta a testa su una squadra: io scelsi l'Inter, gli altri Juve e Milan. Comunque, a parte questo ci tengo a precisare che non ho assolutamente lasciato la Juventus per colpa di Calciopoli. Tra me ed il club era successo qualcosa, avevo già deciso di andarmene prima dello scandalo". A quel punto, per assicurarsi Ibrahimovic fu bagarre: "Mi voleva fortemente anche il Milan, ma io scelsi l'Inter senza problemi. Della rivalità con la Juventus, non me n'è mai fregato niente". Josè Mourinho, sei pronto a riabbracciare un leader così?